18 giugno 2025

GAZA. DISTRUTTA LA GRANDE MOSCHEA DI OMAR

 TOMASO MONTANARI

La Grande Moschea di Omar, a Gaza, non c’è più: distrutta come l’80 per cento dei luoghi di culto, islamici o cristiani, monumentali o no. Distrutta deliberatamente dall’esercito di Israele, in una campagna di cancellazione dell’identità storica palestinese che è parte integrante di quella strategia del genocidio che mira a fare sparire non solo le persone vive oggi, ma ogni traccia della loro esistenza. «Un popolo senza terra per una terra senza popolo»: questa famosa frase che, nel 1843, legittimava (da parte cristiana) l’idea coloniale e razzista di un insediamento statale ebraico in Terrasanta, sta diventando vera. Perché il popolo palestinese potrebbe presto sparire, insieme alla sua storia.

Le rovine della moschea scoperchiata ci svelano quanto densa e plurale sia, quella storia. Gli archi gotici di una struttura evidentemente ecclesiale ci ricordano che nell’XI secolo i crociati trasformarono la moschea in una chiesa cristiana, con una violenza che poco aveva a che fare con il Vangelo in cui dicevano di credere. Del resto, la moschea era dedicata al profeta Yahya, cioè a Giovanni Battista, venerato anche dall’Islam. Era stata costruita su una chiesa bizantina, che a sua volta inglobava materiale sottratto ad una sinagoga e sorgeva su un antico tempio filisteo che secondo una tradizione avrebbe accolto la tomba di Sansone.

Quello che chiamiamo patrimonio culturale è un palinsesto di incontri, scontri, dialoghi e distruzioni: un intreccio che dura, con tutte le sue cicatrici, finché il tempo non lo cancella, o finché noi umani, nella nostra demenza criminale, non lo annientiamo.

Quando una nuova Norimberga processerà i capi di Israele – e i loro complici in tutto il mondo: quelli che abitano le “capitali che sotto il sole/ giocano il ruolo delle ancelle” di Tel Aviv (come scrive il poeta palestinese Ibrahim Nasrallah, la cui raccolta Maria di Gaza è stata scritta sotto i bombardamenti), tra cui anche Roma – allora anche la distruzione di questa moschea (e del suo intreccio di convivenze: così difficili, e tuttavia arrivate fino alla nostra generazione) sarà un capo di imputazione. Parlando dell’eccidio criminale compiuto  da Hamas il 7 ottobre 2023, il presidente di Israele Isaac Herzog ha detto che «un’intera nazione è responsabile. Questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti, non è assolutamente vera»: parole a loro volta criminali, che evidentemente comprendono anche i monumenti. Puniti e distrutti per eliminare anche solo l’idea di una possibile convivenza. 

in “il Venerdì” del 13 giugno 2025