di Gideon Levy, Internazionale, 31 gennaio 2025.
Dopo un anno terribile è facile comprendere il bisogno di essere felici, anche solo per un momento, perfino la necessità di sentirsi fieri. Ma i festeggiamenti del 25 gennaio sono andati ben al di là di questo. Come se la gioia naturale per il ritorno delle soldate non bastasse, lo stato ebraico ha dovuto ammantarla di bugie. Il bisogno di fare propaganda proprio in una giornata di gioia nazionale dimostra che qualcosa di marcio bolle sotto il velo degli abbracci e delle lacrime condivise con Karina, Naama, Daniella e Liri.
Il 25 gennaio ci hanno mentito. La menzogna della vittoria totale contro Hamas si è infranta di fronte a un Hamas organizzato, disciplinato e armato, autorità sovrana a Gaza, che ha tenuto una cerimonia di liberazione con tanto di palco. Se c’è stata l’esibizione di una vittoria, è stata quella di un’organizzazione che è risorta dalle ceneri e dalle rovine dopo sedici mesi di attacchi aerei, uccisioni e distruzione, ancora in piedi, viva e in ottima salute.
Ci hanno detto che era un’organizzazione nazista, crudele, mostruosa. Non solo nelle chiacchiere da strada, ma anche nei discorsi dei più importanti conduttori televisivi. La realtà è apparsa in qualche modo contraddire queste affermazioni.
La concorrenza per chi criticava di più Hamas tra i presentatori degli studi tv è apparsa grottescamente in contraddizione con lo spettacolo consolante delle donne liberate dalla prigionia. Erano in piedi, dispensavano sorrisi, tenendo in mano dei ricordi della loro prigionia consegnati dai loro carcerieri.
Sono apparse molto diverse dai detenuti palestinesi rilasciati, almeno da alcuni di loro, che sembravano totalmente devastati. Possiamo immaginare che in futuro assisteremo a scene più crude di ostaggi israeliani rilasciati, e ovviamente non vanno prese alla leggera le sofferenze vissute dalle soldate liberate, ma non è questo l’aspetto che hanno le persone scarcerate dai presunti nazisti.
Guardateci, guardate quanto siamo belli noi israeliani, che santifichiamo la vita. Siamo disposti a pagare qualunque prezzo per la liberazione dei nostri ostaggi. Mettete a confronto questa percezione con il fatto che la cerimonia del 25 gennaio si sarebbe potuta tenere otto mesi fa, magari nei giorni successivi al 7 ottobre 2023. L’affermazione secondo cui loro santificano la morte e noi santifichiamo la vita è forse la menzogna più vile.
Dopo cinquantamila morti, la maggior parte dei quali innocenti, causati dall’esercito israeliano, non ha alcun senso sprecare parole su questa idea. Israele a malapena santifica le vite dei suoi stessi figli: con più di ottocento soldati morti in battaglia – ma anche questo dato non è confermato – sicuramente non santifica la vita di ciascun essere umano.
In Israele, però, non c’è nulla che abbia meno valore della vita di un palestinese, in guerra e nella realtà di tutti i giorni. Chiedete a Gaza qual è il valore attribuito alla vita umana dai soldati e dai piloti israeliani. Quelli che hanno sistematicamente distrutto tutti gli ospedali della Striscia, hanno sparato alle ambulanze e ucciso centinaia di operatori addetti ai soccorsi non hanno santificato la vita, l’hanno schiacciata.
Il 25 gennaio anche la solidarietà è stata falsificata fino alla nausea. Un fiocco giallo su un’auto non è solidarietà. Gli israeliani si prendono cura l’uno dell’altro? Starete scherzando. Fate un viaggio in autostrada, fate una fila da qualche parte o pensate alla contraffazione diffusa di documenti d’invalidità. Questa non è né solidarietà né cura reciproca, è il dominio del più forte; è l’ognun per sé, e nessuna nobile parola può nascondere questa realtà.
Il 25 gennaio Israele ha celebrato il ritorno di quattro ostaggi. La gioia è stata sincera, commovente. Ma il trucco era grossolano e le scenografie scadenti. Con qualche bugia in meno, la festa avrebbe potuto essere decisamente più completa. ◆
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La protezione civile palestinese ha comunicato che dall’entrata in vigore del cessate-il-fuoco sono stati estratti da sotto le macerie 520 corpi. Il lavoro è stato compiuto con mezzi rudimentali. Il numero sarebbe stato molto più alto se ci fossero stati mezzi meccanici appropriati. Per il numero degli scomparsi, la valutazione del ministero della sanità, secondo le denunce dei familiari, è di 17 mila persone mancanti all’appello.
Cisgiordania
Dopo l’assedio e l’occupazione militare di Jenin, adesso tocca a Tulkarem. Bombardamenti, droni, irruzione dei soldati, demolizione delle case con la dinamite o i bulldozer e deportazione della popolazione. Sono 4 i quartieri di Tulkarem che è stata ordinata la loro evacuazione. Per costringere la gente a scappare sono state distrutte 60 case, in 6 giorni di invasione.
Nella giornata di ieri sono stati 4 i palestinesi uccisi in diversi attacchi. Le irruzioni dei soldati sono avvenute nelle province di Qalqilia, Nablus e Ramallah.
Nei rastrellamenti di ieri sono stato arrestati 32 palestinesi, tra i quali 14 minorenni.
Situazione umanitaria
Il ministero della sanità palestinese ha annunciato che oggi comincia il trasferimento del primo gruppo di feriti per le cure all’estero. Il passaggio verso l’Egitto avverrà dal valico di Rafah che è stato già vacuato dall’esercito israeliano. Il controllo del valico sarà assegnato ad una commissione palestinese nominata dall’Anp e composta da personale tecnico indicato da Fatah e Hamas. Nel valico saranno presenti osservatori dell’Ue.
Scambio prigionieri
Oggi il 4° scambio di prigionieri tra Hamas e Netanyahu. Sono stati già liberati stamattina a Khan Younis due ostaggi israeliani. Il terzo dovrebbe essere rilasciato a breve nel porto di Gaza città. Dopo il loro arrivo in Israele saranno rilasciati 90 prigionieri palestinesi. La consegna degli ostaggi è avvenuta in una manifestazione di tipo militare con la presenza di centinaia di combattenti di Hamas. Bandiere palestinesi e lo stendardo di Hamas sventolavano su un palco montato per l’occasione. Una troupe tv delle Brigate Qassam ha ripreso tutti i momenti della cerimonia di consegna alla Croce rossa internazionale. Lo stato di salute degli ostaggi all’apparenza sembra buono. Nei casi precedenti, i controlli medici sugli ostaggi dopo il loro arrivo in Israele avevano confermato un esito positivo. Non si può dire la stessa cosa per i prigionieri politici palestinesi rilasciati dalle carceri israeliane: apparivano magri e denutriti, la schiena curvata e la loro camminata tradiva di uno stato di salute pessimo. Nei rapporti medici sono state confermate le loro denunce: malnutrizione per lunghi periodi, mancanza di cure mediche e torture sono le ragioni del malessere vissuto.
Le famiglie dei detenuti palestinesi sono state minacciate dall’esercito e dalla polizia israeliane che in caso di festeggiamenti avrebbero subito ritorsioni pesanti. I divieti riguardano i canti, l’esposizione di bandiere e l’assembramento, anche all’interno delle case.
Appello per il dott. Abu Safiya
Un gruppo di medici e infermieri marocchini hanno organizzato un presidio a Rabat per chiedere la liberazione del dott. Abu Safiya. Vestiti con il copricapo caratteristico palestinese, kefieh, hanno portato in mani dei cartelli con scritto diverse frasi per la fine dell’occupazione israeliana della Palestina e di condanna alla distruzione degli ospedali, l’arresto e l’uccisione del personale sanitario a Gaza.
Gruppo dell’Aja
Nove paesi hanno deciso di formare il “Gruppo dell’Aja”, con l’intento di mettere fine alla narrazione israeliana del conflitto e soprattutto all’impunità di governanti e militari implicati nel genocidio in corso a Gaza e Cisgiordania. I rappresentanti dei governi di Sud Africa, Malesia. Colombia, Bolivia, Cuba, Honduras, Namibia, Senegal e Beliz si sono riuniti a L’Aja proclamando la fine dell’occupazione israeliana.
Libano
Israele continua la sua campagna militare in Libano. Ieri è stata bombardata una zona di confine con la Siria. Sono stati uccisi 5 persone: due libanesi e 3 turchi; nessuno di loro era armato.
Sulla formazione del nuovo governo libanese si addensano nubi disturbatrici provocate dalle pressioni d’oltre atlantico. La Casa Bianca avrebbe messo il veto sulla nomina di ministri vicini a Hesbollah, il primo partito in Parlamento. Il rinvio del ritiro israeliano viene collegato, da molti commentatori, al divieto USA, come una forma di pressione materiale.
Siria
Un cugino stretto del fuggiasco ex presidente siriano Bashar al-Assad è stato arrestato a Lathakia. Lo ha annunciato l’agenzia Sana.Atef Najib, ex capo della sicurezza politica di Daraa, è stato arrestato a Latakia, sulla costa della Siria occidentale.
È accusato di aver orchestrato la repressione a Daraa (nel sud della Siria), punto di inizio della rivolta nel marzo 2011. Tra le accuse documentate è il suo coinvolgimento nella tortura dei bambini, che erano stati arrestati per aver scritto sui muri del loro quartiere la frase: “è arrivato il tuo turno, dottore!”. Il dottore per antonomasia in Siria è Bashar Assad. Alcuni dei bambni sono morti sotto tortura e alcuni di loro avevano subito lo strappo delle unghie. Una tortura atroce inflitta a bambini di 11 anni.
Contro la deportazione di Trump
Si è svolta ieri al valico di Rafah, dalla parte egiziana, una manifestazione di migliaia di cittadini egiziani, palestinesi e di altre nazionalità arabe per dire no al piano Trump, che prevede la deportazione della popolazione di Gaza. Sono state alzate bandiere palestinesi ed egiziane. “Libertà per i palestinesi in uno Stato indipendente e sovrano”, “Basta occupazione!”, “Presidente Al-Sisi siamo con te” sono stati gli slogan più scanditi. Una manifestazione insolita in un paese dove è vietato ogni tipo di protesta. È sicuramente un’azione sponsorizzata dal regime, che si è reso conto che il piano criminale di Trump è una cosa seria ed ha motivazioni di interessi economici enormi, sia per lo sfruttamento dei giacimenti di gas in mare, sia per gli investimenti immobiliari e turistici, da parte di miliardari statunitensi vicini allo stesso neo capo della Casa Bianca.