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Marina CatucciNew York - "Il manifesto" 5 febbraio
Alla fine del suo incontro con il leader israeliano Benjamin Netanyahu, Donald Trump ha proposto che gli Stati Uniti assumano una “posizione di proprietà a lungo termine” su Gaza, spianandola e trasferendo i residenti in un “pezzo di terra buono, fresco e bello”, che purtroppo però si trova in un (generico) altro Paese, in modo da sviluppare il territorio devastato dalla guerra sotto il controllo degli Stati Uniti. Un’idea che regala la visione dello spostamento di massa del popolo palestinese, visione che probabilmente infiammerà gli animi in tutto il mondo arabo.
La proposta di Trump in pratica è quella di rimuovere definitivamente i 2,2 milioni di residenti di Gaza dal territorio palestinese, e di riallocarli fuori dalla loro terra, trascinando gli Usa ancora più profondamente nel conflitto, prendendo il controllo del territorio che appartiene ai palestinesi.
La Striscia di Gaza, ha detto Trump, è un “simbolo di morte e distruzione” da molti decenni, e un posto “sfortunato”, che non dovrebbe “attraversare un processo di ricostruzione e occupazione da parte delle stesse persone che hanno vissuto un’esistenza miserabile lì”.
Quindi la soluzione migliore è spostare i palestinesi altrove, senza specificare dove: “Potrebbero essere più siti o potrebbe essere un unico grande sito, dove le persone vivrebbero in tutta comodità e pace”, visto che “l’unica ragione per cui i palestinesi vogliono tornare a Gaza è che non hanno alternative”.
Questa nuova brillante idea, fra le altre cose, è un indicatore dell’approccio spavaldo di Trump alla questione dei rapporti fra Israele e Palestina, entrando a gamba tesa in un conflitto vecchio di generazioni con la certezza di poter risolvere in poche ore, ciò che anni di sforzi diplomatici statunitensi non sono riusciti a realizzare, e senza tenere in alcuna considerazione ciò che i palestinesi hanno detto di volere.

Make Gaza beautiful again, il tweet del segretario di stato Usa
New York - "Il manifesto" 5 febbraio
Alla fine del suo incontro con il leader israeliano Benjamin Netanyahu, Donald Trump ha proposto che gli Stati Uniti assumano una “posizione di proprietà a lungo termine” su Gaza, spianandola e trasferendo i residenti in un “pezzo di terra buono, fresco e bello”, che purtroppo però si trova in un (generico) altro Paese, in modo da sviluppare il territorio devastato dalla guerra sotto il controllo degli Stati Uniti. Un’idea che regala la visione dello spostamento di massa del popolo palestinese, visione che probabilmente infiammerà gli animi in tutto il mondo arabo.
La proposta di Trump in pratica è quella di rimuovere definitivamente i 2,2 milioni di residenti di Gaza dal territorio palestinese, e di riallocarli fuori dalla loro terra, trascinando gli Usa ancora più profondamente nel conflitto, prendendo il controllo del territorio che appartiene ai palestinesi.
La Striscia di Gaza, ha detto Trump, è un “simbolo di morte e distruzione” da molti decenni, e un posto “sfortunato”, che non dovrebbe “attraversare un processo di ricostruzione e occupazione da parte delle stesse persone che hanno vissuto un’esistenza miserabile lì”.
Quindi la soluzione migliore è spostare i palestinesi altrove, senza specificare dove: “Potrebbero essere più siti o potrebbe essere un unico grande sito, dove le persone vivrebbero in tutta comodità e pace”, visto che “l’unica ragione per cui i palestinesi vogliono tornare a Gaza è che non hanno alternative”.
Questa nuova brillante idea, fra le altre cose, è un indicatore dell’approccio spavaldo di Trump alla questione dei rapporti fra Israele e Palestina, entrando a gamba tesa in un conflitto vecchio di generazioni con la certezza di poter risolvere in poche ore, ciò che anni di sforzi diplomatici statunitensi non sono riusciti a realizzare, e senza tenere in alcuna considerazione ciò che i palestinesi hanno detto di volere.
Make Gaza beautiful again, il tweet del segretario di stato Usa |
Alla domanda di un giornalista riguardo la possibilità che gli Usa mandino delle truppe a Gaza per mantenere la sicurezza, il presidente americano ha risposto senza esitazioni: “Se necessario, lo faremo”.Per la ricostruzione, comunque, ha rassicurato Trump, “Ci occuperemo di smantellare tutte le bombe inesplose e altre armi pericolose, spianeremo il sito ed elimineremo gli edifici distrutti, creando uno sviluppo economico che fornirà un numero illimitato di posti di lavoro”.
Difficile non pensare a quanto aveva detto suo genero Jared Kushner durante un’intervista all’Università di Harvard il 15 febbraio 2024, elogiando il potenziale “molto prezioso” della “proprietà costiera” di Gaza, suggerendo ad Israele di rimuovere i civili per “ripulire” la Striscia.
“La proprietà sul lungomare di Gaza potrebbe essere molto preziosa – aveva detto Kushner – se le persone si concentrassero sulla creazione di mezzi di sostentamento (…) C’è una situazione un po’ sfortunata lì, ma dal punto di vista di Israele farei del mio meglio per far uscire la gente e poi ripulire tutto”.
Intanto, per cominciare, Trump ha promesso che “presto” visiterà Israele, Gaza e l’Arabia Saudita.
Per la ricostruzione, comunque, ha rassicurato Trump, “Ci occuperemo di smantellare tutte le bombe inesplose e altre armi pericolose, spianeremo il sito ed elimineremo gli edifici distrutti, creando uno sviluppo economico che fornirà un numero illimitato di posti di lavoro”.
Difficile non pensare a quanto aveva detto suo genero Jared Kushner durante un’intervista all’Università di Harvard il 15 febbraio 2024, elogiando il potenziale “molto prezioso” della “proprietà costiera” di Gaza, suggerendo ad Israele di rimuovere i civili per “ripulire” la Striscia.
“La proprietà sul lungomare di Gaza potrebbe essere molto preziosa – aveva detto Kushner – se le persone si concentrassero sulla creazione di mezzi di sostentamento (…) C’è una situazione un po’ sfortunata lì, ma dal punto di vista di Israele farei del mio meglio per far uscire la gente e poi ripulire tutto”.
Intanto, per cominciare, Trump ha promesso che “presto” visiterà Israele, Gaza e l’Arabia Saudita.
“Sei il migliore amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca” ha detto Netanyahu rivolgendosi a Trump durante la conferenza stampa.
“Sei il migliore amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca” ha detto Netanyahu rivolgendosi a Trump durante la conferenza stampa.
https://ilmanifesto.it
"Trump e la Palestina. Pulizia etnica, illusioni e business"
di Sergio Cararo "Contropiano" 5 febbraio
Nella conferenza stampa congiunta insieme a Netanyahu, Trump ha annunciato che gli Stati Uniti prenderanno il controllo e governeranno Gaza per il prossimo futuro. “Tutti quelli con cui ho parlato amano l’idea che gli Stati Uniti possiedano quel pezzo di terra, sviluppando e creando migliaia di posti di lavoro con qualcosa che sarà magnifico”, ha detto Trump ai giornalisti dopo un incontro di tre ore con Netanyahu.
Il presidente statunitense, che confonde il mondo reale con Atlantic City, ha insistito sul fatto che i palestinesi non hanno altra alternativa che lasciare Gaza e andare in un altro posto senza la prospettiva di tornare, ed ha nuovamente “invitato” la Giordania e l’Egitto (tra i massimi beneficiari degli aiuti USAID adesso in discussione, ndr) ad accogliere i palestinesi espulsi con la forza, insieme ad altri paesi non indicati esplicitamente.
LA “TEORIA DEL COMPLOTTO” È ORA UN FATTO:
È ARRIVATO IL GRANDE ISRAELE
Kit Klarenberg
mintpressnews.com
Sin dalla creazione di Tel Aviv, nel 1948, si è parlato e scritto molto del “Grande Israele”, ovvero dell’idea che l’obiettivo finale del Sionismo sia l’annessione forzata e la pulizia etnica di vasti territori arabi per destinarli all’insediamento degli Ebrei, sulla base delle affermazioni bibliche secondo cui questi territori sarebbero stati promessi agli Ebrei da Dio. I media di solito liquidano questo concetto come una teoria della cospirazione antisemita o, al massimo, come la fantasia marginale di un piccolo manipolo di israeliani.
In realtà, come aveva ammesso il Guardian nel 2009, l’idea di un Grande Israele da tempo attrae i “nazionalisti di destra religiosi e laici” di Tel Aviv. Essi hanno l’obiettivo comune di “cercare di adempiere ai comandamenti divini sull'”inizio della redenzione” e di creare “fatti sul terreno” per migliorare la sicurezza di Israele”. Il quotidiano aveva riconosciuto che questa motivazione era una forza motrice chiave nella politica israeliana mainstream, che “ha effettivamente trasformato i palestinesi in alieni sul proprio suolo”.
LA “TEORIA DEL COMPLOTTO” È ORA UN FATTO: È ARRIVATO IL GRANDE ISRAELE