Siamo due membri della
suddetta associazione - Michela Chimetto e Mauro Zanotto - e scriviamo per
render conto dei progetti che abbiamo sostenuto in Palestina per conto di Salaam
stessa con il sostegno, quest'anno, dell'Assessorato alla Pace di Vicenza e di
privati che in questi anni non ci hanno mai fatto mancare il loro prezioso
contributo.
A luglio 2011 abbiamo
partecipato alla delegazione italiana dell’Associazione per la Pace (Assopace di Luisa Morgantini) nazionale che ha compiuto un viaggio nei Territori Occupati.
La scelta di partecipare
alla delegazione composta da 46 italiani è dovuta al fatto che, secondo noi,
Luisa è la persona in Italia che meglio conosce la realtà dei Territori
Occupati di Palestina sia da un punto di vista politico che sociale (non ci
sbagliavamo!) e perchè Assopace ha un approccio laico che noi condividiamo
appieno.
Abbiamo incontrato molte
associazioni non governative, istituzioni, comitati, in una parola i
palestinesi tutti nella loro complessità: non credenti, musulmani, cristiani,
beduini. Abbiamo incontrato anche realtà del mondo pacifista israeliano.
Siamo stati nel villaggio
beduino di LUBAN - appena fuori
Gerusalemme sulla strada che si dirige verso Gerico - un piccolo villaggio
incuneato tra diversi insediamenti ebraici illegali, dove pochi giorni prima
del nostro passaggio i coloni avevano bruciato la terra dei beduini e distrutto
una casa di povera gente che vive di pastorizia e agricoltura (quel poco che
rimane!).
Abbiamo visitato la città
vecchia di NABLUS con gli splendidi ragazzi e ragazze dell'Associazione Human Supporters,
che si occupano di attività didattico / ricreative per bambini e giovani
ancora duramente provati dal lungo assedio, iniziato nel 2002 e durato quasi tre
anni, in cui molte persone sono state ferite e uccise dall'esercito israeliano.
In quell' anno maledetto in cui il Governo d'Israele aveva dichiarato Yasser
Arafat e l' Autorità Nazionale Palestinese ' il NEMICO ' numero uno prima che
lo diventasse Hamas.
Siamo stati ad HAIFA in
Israele e siamo stati ricevuti dall' associazione pacifista 'Isha l'Isha'
(Donna per donna) che si batte contro le discriminazioni verso le donne
in Israele.
L'associazione composta per
un quarto da donne arabo – israeliane, un quarto lesbiche (appartenenti ad Assuat, l'associazione delle donne
lesbiche arabo – israeliane), un quarto di donne israeliane sefardite, ed un
ultimo quarto di donne israeliane askenazite.
Ci raccontavano come il
governo israeliano acconsenta a tutte le tecniche mediche di fertilità, a cui
possono accedere le donne israeliane, per cercare di contrastare l'aumento
demografico dei palestinesi. La paura dell' inversione demografica per Israele
è in questo momento la più grande.
Ma la novità che non
conoscevamo consiste nel fatto che negli ultimissimi anni vi sono rabbini che
chiedono e giustificano teologicamente la legalizzazione della poligamia,
pratica finora estranea all' ebraismo ma che potrebbe trovare applicazione in
funzione di contrasto all'aumento demografico arabo.
Sempre ad Haifa
abbiamo visitato il Mossawa Center, associazione di arabo –
israeliani che lotta contro le discriminazioni imposte da Israele nei confronti
dei propri cittadini arabi. Molti di loro sono cristiani. La portavoce ci
raccontava che nell' attuale sistema legislativo israeliano ci sono ben 23
leggi discriminatorie vigenti di cui 4 approvate solo nel corso dell'ultimo
governo Netanyahu. Riguardano il sistema scolastico, l' accesso alle
professioni, ai matrimoni, all' edilizia residenziale ma anche il diverso
trattamento da parte della magistratura civile nei confronti del crimine se esso
è commesso da arabi oppure da ebrei israeliani. Dal 2000 un solo ebreo è stato
condannato per omicidio commesso ai danni di una persona araba, mentre il
totale degli omicidi da quella data è stato di 44.
Nelle comunità arabe il
tasso di disoccupazione femminile è dell' 80%, anche se una parte di esse è in
possesso di una laurea, e soltanto il 5 % delle tasse versate allo stato d 'Israele
ritornano alle comunità, una percentuale irrisoria rispetto a quella che viene
spesa in favore degli ebrei.
Ci siamo poi recati al
villaggio di JAYYUS allocato nel distretto di Qalqilya (la grande prigione di Cisgiordania una città completamente circondata dal muro
con una sola entrata larga circa mezzo chilometro il cui accesso è controllato
militarmente dell'esercito israeliano).
A Jayyus abbiamo incontrato
il Sindaco che ci ha raccontato che nel 1948 - in seguito alla nascita dello
Stato di Israele - al suo villaggio sono stati sottratti 15000 dunum (misura della terra adottata in
molti paesi arabi fin dalla dominazione ottomana). Da allora il 74 % dei
residenti palestinesi se ne sono andati via, chi in altre località della
Cisgiordania, chi in altri paesi arabi e chi in Europa. Nel 2002 è iniziata la
costruzione del Muro che è penetrato per 6 km dentro al rimanente territorio di Jayyus.
Il risultato è che ora il 75 % della terra coltivabile è isolata dal villaggio
ed i contadini vi possono accedere solo in orari prestabiliti scritti nel
cancello di entrata (Gate) sotto il
controllo dell' esercito (per la precisione i contadini hanno 30 minuti a
disposizione al mattino per entrare e 30 minuti nel pomeriggio per uscire, e
comunque devono essere muniti del permesso dell' esercito di occupazione). Sono
stati richiesti 499 permessi e ne sono stati concessi 255.
L'altro enorme problema è
che il 100 % dell' acqua è rimasta dall' altra parte del Muro. Essa consiste in
cinque pozzi che oggi servono totalmente l' agricoltura degli insediamenti
coloniali ed i palestinesi di Jayyus sono costretti ad acquistarla dall 'Autorità
Nazionale Palestinese che a sua volta la deve comprare da Israele ad un prezzo
notevolmente maggiorato.
Una sentenza della Corte
Suprema Israeliana ha concesso il ritorno di un pozzo su cinque al villaggio di
Jayyus, ed essa dovrebbe essere eseguita nel 2012, ma come tutte le sentenze
che riguardano i Territori Occupati vengono attuate solo e se soltanto
l'esercito ha la volontà di eseguirle e quindi il villaggio aspetta il 2012
nella speranza che il comandante della zona sia ben disposto.