Ricordate il Remedial Educational Center di Jabalia, nella Striscia di Gaza, al quale Salaam - ragazzi dell'olivo ha, anche recentemente, inviato degli aiuti? Siamo riusciti ad avere una sua comunicazione sulla situazione di questi giorni.
Parla Hussam, il direttore di una di quelle realtà che non dovrebbero rientrare tra i cosiddetti obiettivi militari, il Rec (Remedial Educational Center, una Ong palestinese che opera nel settore educativo, con sede a Jabalia.
La città degli scontri più violenti
Jabalia è la città dove, in questi ultimi giorni, si stanno svolgendo gli scontri più violenti e dove, secondo la tv araba Al Jazira, l'esercito israeliano avrebbe bombardato i centri abitati. Le parole della nota emittente sono confermate dalla viva voce di Hussam che ha lasciato la sua abitazione due giorni fa dopo un bombardamento. La sua casa è seriamente danneggiata per rimanerci a vivere ma sopratutto la zona è diventata troppo calda sotto la diretta occupazione militare israeliana.
Le parole che arrivano nitide alla nostra cornetta sono colme di dolore e proccupazione, “troppe persone sono morte, non è solo Hamas il problema, qui vogliono ucciderci, è una vera guerra contro gente inerme”.
La popolazione nella striscia di Gaza supera il milione e mezzo e circa la metà ha meno di quindici anni. I disagi vissuti da questi bambini sono dovuti alle condizioni di vita causate dall' annoso conflitto israelo-palestinese.
Bambini: il Rec fatica a conteggiare i danni
Il Rec lavora in differenti punti dell'angusto territorio di Gaza ma ad oggi non sanno quali reali danni abbiano subito le loro sedi, i bambini che seguono sono salvi ma anche di questo non si ha la certezza, le condizioni scatenate dall'attacco non permettono di comunicare facilmente, né di aiutare le famiglie da loro seguite, oggi bisognose di cibo, acqua, riparo e conforto.
Danni alla psiche difficili da gestire
Quello che invece Hamdouna può dirci con certezza è che i bambini palestinesi con cui lavorano da anni sono già vittime di traumi da guerra, che questo nuovo orrore non può che rafforzare. “Sarò franco e diretto, la violenza porta violenza, danni alla psiche difficili da gestire, tutte le persone qui hanno traumi dovuti ai conflitti vissuti, ai bombardamenti, alla paura; parlo di bambini che seguiteranno a bagnare il letto per anni, che non riescono più a dormire da soli, che saranno pieni di odio e violenza, che non riescono ad andare bene a scuola.”
Parlare di pace dopo le bombe
La domanda che angoscia Hussam, anche ora, mentre le bombe continuano a cadere, è come lavorare, quando tutto sarà finito, con questi bambini terrorizzati. Ci spiega come il compito arduo dell'educatore sia rimanere fuori dalla politica che impregna costantemente le loro vite, così come non ha senso parlare di pace il giorno dopo un bombardamento in cui si è rimasti abbracciati ad un genitore morente. Ma come tutto dovrà essere incentrato sull'educazione in senso lato come unica arma per uscire da questa situazione chiamata "questione palestinese".
“E' davvero difficile, i paesi arabi ci hanno lasciati soli, la comunità internazionale anche, abbiamo bisogno di essere supportati dalle altre società civili in un lavoro di ricostruzione” ci spiega con calore il direttore del Rec. Nonostante alcune voci in questi giorni abbiano parlato di due Palestine, una di Gaza retta da Hamas ed una nella West Bank sotto l'Anp, Hussam sottolinea come invece i palestinesi di Gaza si sentano un'unica cosa con chi risiede in Cisgiordania, soli di fronte ad un vasto mondo.
Coltivo un’assurda speranza
"Non riesco ad immaginare un futuro che non sia nero ma la vita deve andare avanti, spero ormai nella fortuna, cioè nel coltivare la speranza che questa assurda guerra finisca, che smettano di uccidere". Anche “perchè abbiamo bisogno di riorganizzare ancora un'altra volta la nostra vita, l'ennesima volta, senza essere lasciati soli". Ci chiede di augurargli buona fortuna e che la notte che sta arrivando sia leggermente meglio di quelle appena trascorse, ma non sappiamo se ciò che accadrà, quale notte seguirà una volta chiusa la comunicazione.
Il Rec lavora con una onlus italiana
Il REC lavora da anni con l'onlus italiana EducAid in progetti volti al supporto psicologico e materiale alla popolazione, al supporto socio educativo e psicosociale dei bambini vittime del conflitto, attraverso attività come l'introduzione dei clown nelle corsie degli ospedali o il ludobus che attraversa la striscia di dolore portando educatori e risate.
E'attraverso questi progetti di vera e propria cooperazione che il fratello di Hussam ed educatore del Rec, Yusef, arriva in Italia un anno fa per uno stage al CEIS (Centro Educativo Itao Svizzero). Le parole di questo giovane pieno di energia ed oggi di tristezza ricalcano inconsapevolemente ma non casulamente quelle del fratello, con una angoscia paradossalmente maggiore, dovuta alla distanza dal conflitto e quindi dalla sofferenza della sua famiglia e della sua gente.
“Noi crediamo che l'unica soluzione per sviluppare le nostre città e la pace stessa sia l'educazione dei giovani” ma, ci spiega in un italiano fluente, come sia dura ora parlare di pace a chi ha perso i propri cari in questo crudele scontro.
Mia madre scappava con il telefono in mano
“Mia madre mi ha raccontato mentre scappava con il telefono in mano di come tutto ciò le ricordava la fuga del '48, con la differenza che ora sente come invece di cacciarci vogliono ucciderci tutti”. Questa percezione è la stessa nei bambini e questo secondo Yusef distrugge tutto il loro lungo lavoro, “ma noi rinizieremo, un'altra volta, sarà dura ma lo faremo”. Lavorano gli educatori del Rec, anche mentre li bombardano pensano a cosa diranno domani ai loro bambini. Bambini che hanno lasciato frammenti di infanzia tra le macerie grigie di casa, “che ora pensano che il nemico non è solo l'israeliano, ma l' “altro” in generale, perchè tutto il mondo è restato a guardare”esclama l'educatore.
Questo è il dolore di Yusef, che ritiene che con questa guerra assurda Israele stia creando la “fabbrica dei pazzi”, perchè questo fa la guerra se non uccide, fa impazzire di dolore.