A fine giugno è mancato Roberto Dal Lago, persona
dal forte impegno civile (CGIL, Festambiente) e da sempre sostenitore del
popolo palestinese.
La moglie Patrizia Duso ha
disposto che le offerte raccolte al funerale venissero devolute .all'Associazione Salaam ragazzi dell'olivo di
Vicenza; anche altre persone, colleghi di lavoro di Roberto,
ci hanno destinato una donazione in sua memoria.
A questa somma si sono aggiunte la
donazione di Angela Baldisserotto, fatta con il ricavato dei proventi della vendita del suo libro e un'integrazione presa dal conto dell'Associazione.
Il risultato è una somma complessiva di 2.500 euro.
Sapendo che Giuditta Brattini (vedi il profilo qui sotto) sarebbe andata a Gaza l'abbiamo pregata di segnalarci una
situazione di bisogno e lei ci ha consigliato di versare la cifra al centro
del Palestinian Medical Relief di Jabalia, che conosciamo da anni e che si occupa di aiutare bambini
traumatizzati.
Giuditta Brattini, istruttore nella Pubblica
Amministrazione, lavora da anni in progetti sanitari di cooperazione decentrata
per la Palestina. La sua attività è iniziata nel 2003 con il progetto del distretto sanitario di
Sabastia-Nablus, in collaborazione con la O.N.G. Palestinese Medical Relief; un
progetto sanitario che per 6 anni ha avuto il contributo di vari Enti Pubblici
e dalla Regione Veneto.
Attualmente, per conto del Gruppo Consiliare
Regione Veneto Federazione della Sinistra in collaborazione con i Direttori
degli Ospedali di Gaza e con il supporto logistico del Palestinian Medical
Relief, sta monitorando le attività e i bisogni dei 12 ospedali pubblici della
Striscia di Gaza, con particolare attenzione alle necessità dei bambini. L'approfondimento
e lo studio dei bisogni rilevati sono poi valutati per una eventuale richiesta di
finanziamento ad Enti Pubblici e il sostegno di privati.
Membro dell’Associazione Gazzella onlus, Giuditta
da anni è presente nella Striscia di Gaza dove con il supporto e la
collaborazione del Palestinian Mediacl Releif, l’
Associaizone Hanan e Associazione El Meer visita i bambini e le bambine feriti
e portatori di handicap che sono in adozione con il progetto Gazzella.
L’attività svolta da Giuditta è volontaria.
Ecco un interessante report inviatoci da Giuditta il 22 dicembre, in cui illustra la situazione di Gaza dopo la recente alluvione.
Sono arrivata nella Striscia di Gaza, 9
dicembre u.s., quando già si annunciava l’arrivo del maltempo, l’elettricità veniva
fornita per sole 6 ore al giorno e il gasolio scarseggiava. Il Ministero della
Salute aveva diramato un comunicato di pre-allerta dando indicazione alle
O.N.G. Sanitarie Palestinesi, presenti sul territorio, di tenere aperti i
centri clinici per le emergenze. Tra questi anche il Medical Relief che si è attivato
per la reperibilità del personale, mentre il Ministero dell’Istruzione
dichiarava la chiusura di tutte le scuole di ordine e grado per 4 giorni.
Da
mercoledì, 11 dicembre, la bufera si è abbattuta su Gaza: forte vento,
grandine, pioggia incessante e più di 1.600.000 palestinesi si sono trovati a
dover fronteggiare una calamità di cui il Governo di Gaza non aveva i mezzi sufficienti
per dare adeguata risposta. Strade e case allagate con acqua anche fino a 1
metro. In tante località della striscia di Gaza c’è stato un blakout di
elettricità durato fino a 4 giorni, con disagi indescrivibili di intere
famiglie al freddo, senza poter cucinare o lavarsi. Più di 20.000 persone sono
state evacuate in scuole pubbliche e intere famiglie sono state costrette a
trasferirsi presso parenti. Le strade completamente deserte, allagate con
scarichi che rigettavano acqua dal sistema
fognario per la mancanza di elettricità che impediva il funzionamento degli
impianti di pompaggio delle acque reflue.
In quei giorni ho visitato, non con poca
fatica, il villaggio di beduini di Beit Hanun dove la gente, che già vive in misere condizioni in baracche di lamiera, è stata messa a dura
prova; il centro di raccolta rifiuti di Beit Layha era un lago di immondizia
maleodorante disperso in una vasta area anche abitata. Nella Middle area, Deir
Balah e più a sud Khan Younis, i campi e le case sommerse dall’acqua, non solo piovana, ma soprattutto dall’acqua
del fiume che attraversa il centro abitato di Beersheva. Infatti l’autorità israeliana aveva pensato bene di
deviare il fiume, aprendo le chiuse, per evitare inondazioni nei centri abitati
dagli israeliani. Non solo il governo israeliano non adempie ai “doveri” di
stato occupante, ma coglie qualsiasi occasione per punire la popolazione
palestinese e peggiorarne le condizioni di vita quotidiana.
Il maltempo ha causato gravi danni, tuttavia
non possiamo limitarci a dire che la catastrofe, famiglie che hanno perso tutto, danni
all’ambiente e alle infrastrutture, siano imputabili solo al maltempo o alla
incapacità dell’Autorità di Gaza di dare risposte in una grave situazione di
emergenza. La causa principale è l’occupazione israeliana e lo stato di assedio
a cui è sottoposta la striscia di Gaza con limitazione e preclusione all’
importazioni di qualsiasi materiale-attrezzature (sanitari, educativi,
alimentari, per la costruzione).
Il border di Kerem Shalom è stato riaperto
dopo lunghe chiusure, per far transitare 500 mila litri di carburante. Questo
rifornimento, che potrà dare sollievo per circa 3 mesi alla popolazione di
Gaza, è stato sostenuto economicamente
dal Qatar che si è offerto di pagare le tasse di importazione, spesa che
altrimenti il Governo di Gaza non avrebbe potuto sostenere.
La crisi si fa
sentire anche per la chiusura a Rafah di più di 1.000 tunnel, condizione questa
che ha bloccato la fornitura di beni di consumo portando al collasso la
popolazione di Gaza, ma ha determinato anche altre gravi situazioni. Tutti i
materiali importati, infatti, erano
sottoposti ad una tassa e con il ricavato il Governo della striscia di Gaza,
Hamas, faceva fronte anche al pagamento dei salari dei suoi circa 50 mila dipendenti pubblici. Dallo scorso mese di
settembre questi lavoratori ricevono il 50% del salario che mediamente è di 700
dollari al mese, mentre i dipendenti pubblici, che lavorano a Gaza e
afferiscono dell’A.N.P. di Ramallah, percepiscono lo stipendio grazie al
contributo economico dell’Unione Europea.
Parlando con i lavoratori del
Governo locale di alcuni settori pubblici, medici, insegnanti, questi hanno
dichiarato che sono disposti a fare sacrifici per il paese, ma quando si lavora
a fianco di un collega che percepisce lo stipendio solo perché afferisce ad
altra Autorità, la situazione diventa difficile da comprendere. Questa
diversità di trattamento ha determinato forti tensioni e divisioni interne.
Durante la mia permanenza a Gaza i
pescatori hanno organizzato 3 giorni di
attività presso il porto di Gaza. Hanno voluto denunciare le conseguenze
dell’assedio israeliano rivendicando il diritto di poter navigare liberamente e
lavorare. Negli ultimi 4 anni la marina israeliana ha ucciso 2 pescatori , 24
sono stati feriti e più di 100 pescatori arrestati. Notevoli anche i danni a
tante imbarcazioni.
Dopo quattro giorni di maltempo ho potuto organizzare
gli incontri con i nostri bambini feriti che afferiscono al Medical Relief e i
bambini portatori di handicap seguiti dall’associazione Hanan. Alcune famiglie mi hanno raccontato che sono state costrette
ad evacuare la casa e trovare sistemazione presso strutture pubbliche, scuole
o parenti. Mi hanno parlato delle difficoltà di quei giorni: la fornitura dell’acqua irregolare, la mancanza di elettricità per più giorni, molti generatori
inutilizzabili perché danneggiati o per mancanza di gasolio. Alcune case dei
nostri bambini sono state danneggiate dal vento e grandine che hanno causato
rotture di vetri e nei casi peggiori scoperchiati i tetti. Altre famiglie mi
hanno raccontato di essere rimaste isolate in casa a causa dell’acqua e sono state
soccorse dal servizio di difesa civile che si è avvalso anche delle barche
messe a disposizione dei pescatori.
Da parte delle famiglie che ho incontrato è stato
espresso il ringraziamento per le attività di Gazzella significando che il
supporto economico e le nostre visite rappresentano una forma di sostegno reale
e concreta.
Il sole è
tornato sulla striscia di Gaza dopo 5 giorni di bufera, ma in alcune località la
popolazione resta sommersa da acqua sporca ed è ancora al freddo.
Dopo questa catastrofe, senza azioni determinate, la vita quotidiana
dei palestinesi di Gaza sarà drammaticamente peggiore di quanto già non sia.
L’assedio deve finire, devono essere restituiti dignità e diritti a partire dalla
libertà di movimento delle cose e delle
persone, per non lasciare che l’aiuto umanitario faccia da ponte al
colonialismo.
Giuditta