27 gennaio 2025

Ultime notizie dalla Cisgiordania














Ramallah - Cisgiordania


C'è' una guerra israeliana fatta di posti di blocco in Cisgiordania.

L'esercito israeliano sta attuando la punizione collettiva contro milioni di palestinesi in Cisgiordania. Ha aumentato il numero di posti di blocco militari in Cisgiordania a 898. Ogni checkpoint è progettato per essere un luogo di molestie, umiliazioni e ostruzione del movimento. Spesso diventa anche un luogo pericoloso in cui molti palestinesi vengono uccisi.

Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, i posti di blocco sono stati ordinati dal governo israeliano per ostacolare e impedire il movimento dei civili palestinesi in Cisgiordania durante il periodo del cessate il fuoco a Gaza.

Secondo Haaretz, molti palestinesi passano lunghe ore ad aspettare ai posti di blocco, a volte per 5-8 ore.  Secondo i rapporti che ho ricevuto, molti palestinesi hanno dovuto trascorrere diverse notti in altre città o villaggi che stavano visitando per lavoro, affari o cure mediche perché non potevano tornare alle loro case poiché l'esercito israeliano ha chiuso i cancelli o i posti di blocco delle loro città o villaggi.

Molti dei posti di blocco sono cancelli che l'esercito può chiudere in qualsiasi momento e per tutto il tempo che lo desiderano.

Un viaggio da Ramallah a Gerico, che di solito dura 45 minuti, ora può richiedere 5 ore o alcuni giorni. La maggior parte del movimento dal sud e dal nord della Cisgiordania è paralizzato mentre i coloni israeliani illegali si muovono liberamente e continuano ad attaccare le auto palestinesi sulle strade. Mohammed di Attuwani si trovava a Ramallah, ci siamo incontrati alle 8 , e' Partito in auto alle 8.30 e' riuscito ad arrivare ad Atuwani alle 23, e per fortuna ce l'ha fatta , la Sorella di Naila vive a Beithanina Vicino a Jerusalemme, e' partita da ramallah alle 16.30 e' arrivata a casa alle 2.30 del mattino, da Ramallah a Beithanina ci sono 16 km. Siamo chiusi in Celle, ogni villaggio isolato. Oggi dovrei essere a Jerusalemme ma non oso affrontere il Viaggio e i taxi di rifiutano di venire a Ramallah. A Jenin continua l'aggressione e lo sfollamenti degli abitanti del Campo profughi , stesso metodo usato a Gaza. in Italia dobbiamo continuare a manifestare Contro I nostri governi complici attivi del genocidio e della politica razzista e criminale di Israele

I cancelli e i posti di blocco non sono solo un sistema di punizione collettiva, ma stanno anche consolidando l'apartheid israeliano contro i palestinesi e l' annessione coloniale. Le dichiarazioni di Smotrich sono terribili, dopo che Trump ha Tolto Sanzioni ai coloni , procedono con la pulizia etnica dei campi profughi. Dobbiamo fare campagna per disarmare I centomila coloni armati e toglierli le divise militari, il tutto distribuito da Ben Gvir subito dopo il 7 ottobre. Dobbiamo continue a chiedere sanzioni contro Israele e rispettare la sentenza della Corte Penale Internazionale e arrestare Netanyahu.

24 gennaio 2025

Sepolta viva in una tomba

 

Prima

Dopo


20 Gennaio 2025

Tra i 90 detenuti liberati il 19 gennaio nel primo scambio tra Israele e Hamas, c’è anche lei, Khalida Jarrar. Attivista per i diritti umani, accademica nella prestigiosa università di Birzeit a Ramallah, deputata per il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (PFLP) nelle elezioni del 2006, Khalida Jarrar è una figura molto conosciuta in Palestina. Hamas ne ha chiesto la liberazione, come di molti detenuti che non appartengono al movimento islamista: il PFLP è la fazione più a sinistra e più laica, nella politica palestinese. La richiesta del suo rilascio conferma che la questione dei prigionieri è un dossier che riguarda l’intera società palestinese e che Hamas lo utilizza per ampliare (o consolidare) il suo consenso oltre i militanti.

IL GENOCIDIO..........CHIAMATO CESSATE IL FUOCO

 


Cisgiordania, Israele annuncia l’inizio dell’operazione militare a Jenin e la Resistenza si prepara alla battaglia

A cura di Redazione CDC  Il 21 Gennaio 2025

L’esercito israeliano ha annunciato l’inizio di una nuova campagna militare nella città di Jenin, in Cisgiordania, che ha soprannominato Iron Wall, “Muro di ferro”.

I media israeliani hanno riferito che la campagna è stata effettuata per ordine del vertice politico, a seguito di una riunione del Gabinetto di venerdì scorso, che ha aggiunto la Cisgiordania agli obiettivi della guerra in corso.

Cisgiordania, Israele annuncia l’inizio dell’operazione militare a Jenin e la Resistenza si prepara alla battaglia


Escalation israeliana in Cisgiordania

Contestualmente alla tregua a Gaza, le forze armate armate israeliane hanno scatenato una pesante offensiva contro i palestinesi in Cisgiordania ed in particolare a Jenin.

L’esercito occupante israeliano sta distruggendo la rete viaria di Jenin e in particolare intorno al “Jenin Governmental Hospital”. Inoltre la Commissione contro la colonizzazione e la resistenza al muro riferisce che il numero di posti di blocco e cancelli militari israeliani sparsi nella Cisgiordania occupata è salito a 898. Sono stati installati più di 173 cancelli di ferro dopo il 7 ottobre 2023, di cui 17 dall’inizio di quest’anno.

Ciò coincide con una nuova offensiva militare israeliana contro il campo di Jenin, dove l’esercito sionista ha ucciso almeno 9 palestinesi e ne ha feriti 40.

Escalation israeliana in Cisgiordania


Cisgiordania. Perchè Israele si sta accanendo ancora contro i palestinesi?

Mentre Israele in almeno tre occasioni ha già violato il cessate il fuoco a Gaza in vigore dal 19 gennaio, l’apparente tregua ha visto una nuova ondata di raid israeliani abbattersi sulla Cisgiordania occupata.

Gli avvenimenti in corso suggeriscono un’accelerazione delle dinamiche di annessione dei Territori Palestinesi, anche con la convergenza tra gli attacchi dei coloni e delle operazioni militari israeliane.

In Cisgiordania dal 7 ottobre 2023, sono stati oltre 856 i palestinesi, inclusi civili, donne e minori, uccisi da soldati e coloni israeliani, mentre migliaia sono stati arrestati. Si calcola che solo nelle ultime 48 ore, più di 80 palestinesi sono stati arrestati dalle forze israeliane mentre almeno 13 palestinesi sono stati uccisi.

“Abbiamo assistito a un genocidio a Gaza per 15 mesi e nessuno ha mosso un dito. Qui temiamo che la situazione possa peggiorare molto presto”, ha dichiarato una attivista palestinese ad Al Jazeera.

Cisgiordania. Perchè Israele si sta accanendo ancora contro i palestinesi?


Cisgiordania: quantità record di terra rubata da Israele. Più acri annessi dal 7 ottobre che in 30 anni

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Beit Lid – Cisgiordania settentrionale

“Dal 7 ottobre, mentre tutti gli occhi sono puntati su Gaza dove stanno distruggendo tutto, gli israeliani hanno sequestrato il numero più alto di dunam mai registrato qui in Cisgiordania. “In un anno, hanno dichiarato più ettari come ‘terra israeliana’ di quanti ne avessero mai dichiarati negli ultimi 30 anni,” dice R., guardando il nuovo avamposto che sorge di fronte a noi a Beit Lid. “Se gli stati occidentali continuano a finanziare e legittimare Israele, forse proveranno davvero ad annettere l’intera Cisgiordania.”

Cisgiordania: quantità record di terra rubata da Israele. Più acri annessi dal 7 ottobre che in 30 anni 


“Jenin come Jabaliya”. Gli abitanti temono di finire come i palestinesi di Gaza


Sono già centinaia i residenti del campo profughi di Jenin e delle aree adiacenti che hanno abbandonato le loro case spinti dalle intimazioni provenienti da droni israeliani dotati di altoparlanti. Nel frattempo l’esercito israeliano ha demolito diverse abitazioni dopo aver rioccupato la città tra lunedì notte e martedì con colonne di veicoli blindati e la copertura di elicotteri e droni.
 

“Jenin come Jabaliya”. Gli abitanti temono di finire come i palestinesi di Gaza


Documenti trapelati espongono profondi legami tra l’esercito israeliano e Microsoft

Microsoft ha una “impronta in tutte le principali infrastrutture militari” in Israele e le vendite dei servizi di cloud e intelligence artificiale della società all’esercito israeliano sono salite alle stelle dall’inizio del suo assalto a Gaza, secondo i record commerciali trapelati dal Ministero della Difesa israeliano e dai file della controllata israeliana di Microsoft.

Documenti trapelati espongono profondi legami tra l’esercito israeliano e Microsoft

19 gennaio 2025

Il giorno dopo il cessate il fuoco: Aumentare la pressione per fare cessare il genocidio e aiutarci a smantellare l'apartheid

 


(1) Dal cessate il fuoco alla cessazione del genocidio

Il Comitato nazionale palestinese per il BDS (BNC), la più grande coalizione della società palestinese che sta guidando la campagna globale di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) accoglie con immenso sollievo la notizia di un accordo di cessate il fuoco. Il cessate il fuoco, tuttavia, è solo il primo passo più importante per porre fine al genocidio contro i 2,3 milioni di palestinesi della Striscia di Gaza illegalmente occupata e assediata. Senza una pressione massiccia, potrebbe costituire la continuazione di una forma meno visibile di genocidio che Israele e gli Stati Uniti sperano possa provocare meno indignazione regionale e globale, boicottaggi e sanzioni.

INIZIATIVE IN SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE

 

14 gennaio 2025

I ricercatori dicono che uno studio mostra che il numero dei morti a Gaza supera di gran lunga le cifre ufficiali





di Nir Hasson,   Haaretz, 11 gennaio 2025.
Uno studio pubblicato su The Lancet stima che il bilancio dei morti per “lesioni traumatiche” potrebbe essere di circa 70.000, di cui il 60% donne e bambini, molto più alto di quanto riportato dal Ministero della Salute di Hamas e senza contare i morti per fame, malattie o freddo.


Il numero di “morti per lesioni traumatiche” nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra è significativamente più alto di quanto riportato dal Ministero della Salute dell’enclave controllato da Hamas, secondo un nuovo studio pubblicato venerdì su Lancet.

L’ultima stima del ministero è che 45.541 persone sono state uccise nella guerra e che circa 10.000 dispersi sono sepolti sotto le macerie. Secondo i ricercatori della London School of Hygiene and Tropical Medicine, questa cifra è in realtà solo un minimo.

Il Ministero della Salute di Gaza ha pubblicato in ottobre un elenco di 40.717 nomi. In assenza di un conteggio alternativo o di prove che smentiscano le cifre del ministero, le organizzazioni internazionali, i governi stranieri e i media esteri si basano completamente su di esse. Tuttavia, le fonti israeliane respingono regolarmente le stime del ministero, sostenendo che sono fuorvianti.

L’attuale guerra è il primo round di combattimenti in cui Israele non ha contato ufficialmente il numero di palestinesi uccisi. L’unica cifra che i militari hanno pubblicato dall’inizio della guerra è che sono stati uccisi 14.000-17.000 terroristi.

Secondo il sito web dell’esercito, è molto probabile che siano stati uccisi 14.000 terroristi, mentre la probabilità di altri 3.000 morti è medio-bassa. Non sono state fornite nuove cifre da agosto, anche se negli ultimi mesi i combattimenti si sono intensificati e decine di persone sono state uccise a Gaza quasi ogni giorno. L’esercito non fornisce alcun conteggio del numero di civili palestinesi uccisi nei combattimenti.


Israele e il tradimento della memoria di Auschwitz

MOSHE ZUCKERMANN

Il pubblicista Gideon Levy mi ha preceduto. In un recente editoriale dal titolo Auschwitz. Haag. Netanyahu sul quotidiano Haaretz ha affrontato un tema al quale anch’io volevo fare riferimento nel mio editoriale. Quindi inizierò citando Levy.


«Il primo ministro Benjamin Netanyahu – scrive – non si recherà in Polonia il mese prossimo per la cerimonia principale dell’80° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, per il timore di essere arrestato sulla base del mandato emesso nei suoi confronti dalla Corte penale internazionale de L’Aia. Questa amara e non troppo sottile ironia della storia fornisce un intreccio surreale che era quasi inimmaginabile prima d’ora: basta immaginare il primo ministro che atterra a Cracovia, arriva all’ingresso principale di Auschwitz e viene arrestato dalla polizia polacca al cancello, sotto la scritta Arbeit macht frei».

Prosegue: «Il fatto che tra tutti i luoghi del mondo Auschwitz sia il primo in cui Netanyahu teme di andare grida simbolismo oltre che giustizia storica». Levy fa notare plasticamente: «Una cerimonia di commemorazione dell’80° anniversario della liberazione di Auschwitz, i leader mondiali marciano in silenzio, gli ultimi sopravvissuti in vita marciano al loro fianco e il posto del primo ministro dello Stato sorto dalle ceneri dell’Olocausto è vuoto. È vuoto perché il suo Stato è diventato un paria e perché è ricercato dal più rispettato tribunale che giudica i criminali di guerra». Levy conclude: «Netanyahu non sarà ad Auschwitz perché è ricercato per crimini di guerra».

QUESTO “evento” in effetti è paradigmatico. Ma a prescindere dal fatto che circa la metà della popolazione israeliana si augura il tramonto politico di Netanyahu, che molti sperano anche che alla conclusione del processo finisca in carcere, e che pur avendo commesso così tanti crimini (anche all’interno di Israele) si capisce l’odio nei suoi confronti (e della sua famiglia), Netanyahu stesso è solo un personaggio secondario in ciò di cui parla Gideon Levy.

Spesso a persone di basso rango viene cinicamente attribuita la responsabilità di errori e reati che sono stati causati o iniziati «in alto» nel rispettivo ordine gerarchico. Con sarcastico riferimento alla gerarchia militare, in Israele ha preso piede lo slogan della colpa della «guardia davanti all’ingresso dell’accampamento militare».

Ma la situazione è diversa quando viene condannata una prassi sociale o politica per la quale tuttavia non si può penalizzare un’intera collettività (come è diventato possibile ed è stato compiuto per accordo internazionale con il boicottaggio dello Stato di apartheid sudafricano). In questo caso il rispettivo capo di stato o altri funzionari di alto rango vengono chiamati a rispondere in rappresentanza simbolica dell’intera collettività. Condannando Netanyahu è stato condannato Israele.

Questo va messo in rilievo perché la responsabilità ministeriale per crimini di guerra è delle istituzioni dominanti, ma ha in genere un carattere più astratto. La barbarie (fisica) del crimine si compie invece «sul campo». In quanto governante, Netanyahu ha la responsabilità della politica da lui delineata e disposta e quindi degli orientamenti militari che ne derivano nell’attuale guerra.

Anche se rifiuta costantemente di assumersi qualsiasi responsabilità, soprattutto per il disastro del 7 ottobre, non sono però necessariamente sue le istruzioni che hanno generato i crimini di guerra concreti. Qui va considerato qualcos’altro. Perché ciò che si è visto nelle operazioni dell’Idf nella Striscia di Gaza nell’ultimo anno è un estremo abbrutimento delle truppe di combattimento in azione, i cui crimini di guerra si sono accumulati/si accumulano in una misura tale che ben presto si è iniziato a parlare di un genocidio nei confronti della popolazione civile della Striscia di Gaza.

IL DIBATTITO se si tratti effettivamente di un genocidio sia lasciato ad altra sede; la disputa divampata non fa che distrarre dalla sostanza – dal vistoso imbarbarimento dell’esercito israeliano e della sua attività bellica. È sufficiente focalizzarsi sull’accumulo di crimini di guerra per comprendere che in questa guerra si è dispiegato qualcosa che va ben oltre la persona di Netanyahu. È diventata norma una pratica di combattimento che ha reso «una cosa ovvia» un numero inconcepibile di civili morti e feriti, tra loro soprattutto donne, bambini e persone anziane, e una mostruosa devastazione delle infrastrutture e distruzione di strutture civili vitali.

Di recente in un articolo sulla ricerca del dottor Lee Mordechai della Hebrew University di Gerusalemme ho scritto che l’accusa di aver commesso crimini di guerra è provata da tempo e che nessuno in seguito potrà affermare di non averlo saputo. Che i media mainstream nascondano alla popolazione del Paese i rapporti sulla barbarie praticata in suo nome, che praticamente la mascherino, non può essere accettato come spiegazione per il pubblico silenzio sui crimini – chi vuole sapere può venire a conoscenza di tutto. Naturalmente bisogna voler sapere.

Anche la «giustificazione» dei crimini di guerra nei confronti di ebrei israeliani commessi con il pogrom del 7 ottobre, non ha una base accettabile se si rifiuta che sia legittimo mettere l’esercito al servizio di pulsioni collettive di vendetta e rappresaglia. L’uccisione di bambini da parte di un esercito (come «danno collaterale») non può essere «riparazione» per un torto subito. Meno che mai se i suoi effetti crescono fino a una sproporzione così eclatante.

Ciò che risalta più di ogni cosa è il gusto, il sadismo e il malvagio piacere del danno altrui da parte di soldati, per una strage che stenta a volersi concludere. Il 7 ottobre è stato degradato a licenza per una distruzione eccessiva e per la cancellazione di vite umane senza alcuna remora. In nessuna guerra i soldati sul campo sono stati apostoli di umanità. Già Brecht nell’Opera dei Tre soldi faceva cantare che «i soldati abitano sui cannoni» e solitamente trasformano i loro nemici in una «bella tartare».

Per la popolazione civile nemica diventa particolarmente terribile quando vengono impiegati in modo massiccio bombardieri moderni. Ma ciò che sul campo di battaglia può essere spiegato a partire dalla logica interna di ciò che la guerra nella sua essenza è sempre stata – la legittimità concessa alla completa disinibizione nell’uccidere e devastare le condizioni di vita materiali – fa rabbrividire se emerge che un’intera collettività sostiene i crimini del proprio esercito nazionale.

Quel poco che la popolazione israeliana ha saputo dell’orrore della realtà di Gaza è stato (e viene tutt’oggi) rigettato con spaventosa indifferenza come non vero, come esagerazione, come perfida propaganda dell’altra parte o razionalizzata a cuor leggero attribuendo le colpe per i crimini di guerra agli stessi abitanti di Gaza («hanno iniziato loro»), oppure si dichiara apertamente di non essere in grado di provare compassione per loro.

Sia l’abbrutimento dei soldati sia l’indifferenza della popolazione civile israeliana derivano da una disumanizzazione dei palestinesi che da tempo si dispiega incessantemente. 57 anni di barbarie dell’occupazione e la persistente cancellazione del conflitto israelo-palestinese dall’agenda politica di Israele e del mondo (come portata avanti intenzionalmente soprattutto da Netanyahu) hanno mostrato il loro inevitabile effetto. La vita umana palestinese per la maggior parte degli ebrei israeliani non vale molto, meno che mai dopo il 7 ottobre e meno ancora quando si tratta degli abitanti di Gaza che dall’attuale governo israeliano vengono definiti nella loro quasi totalità come terroristi di Hamas.

UN’EQUIPARAZIONE della catastrofe di Gaza con Auschwitz non è sostenibile – la rigetta anche Gideon Levy nel suo editoriale. Ma non è questo il punto. Per troppo tempo la politica israeliana ha strumentalizzato la singolarità di Auschwitz per scopi politici eteronomi. Dalla Shoah non si può trarre insegnamento, neanche quello del postulato ideologico di quanto fosse necessario creare un «rifugio per il popolo ebraico», come ora dovrebbe essere diventato evidente.

Semmai, dalla Shoah, si potrebbe far derivare come messaggio astratto unicamente il principio guida di una società impegnata a minimizzare se non a rendere impossibile che degli esseri umani continuino a produrre vittime umane. Questo potrebbe essere ciò che Walter Benjamin intendeva con il «debole potere messianico» che viene attribuito a ogni generazione presente in relazione a generazioni passate.

E proprio in questo si manifesta l’orrendo tradimento che Israele (non solo adesso, ma ora con una smisuratezza di sua scelta) ha commesso nei confronti della memoria di Auschwitz. E in questo, esattamente in questo, sta la spaventosità del simbolo che il primo ministro israeliano non parteciperà alla cerimonia di commemorazione dell’80° anniversario della liberazione di Auschwitz perché deve temere di essere arrestato come quel criminale di guerra che in quanto rappresentante di Israele è.

Pubblicato in origine su Overton Magazin. Traduzione a cura di Sveva Haertter e Helena Janeczek

in “il manifesto” del 8 gennaio 2025

06 gennaio 2025

INIZIATIVE IN SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE

 


Il racconto drammatico di uomini e donne palestinesi che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni a Gaza City per cercare rifugio in un luogo sicuro viaggiando verso il Sud della Striscia di Gaza fino alla città di Rafah. Chi lascia Gaza sa di non poter tornare più indietro, esattamente come accadde a centinaia di migliaia di palestinesi 76 anni fa. Come si può sopravvivere in un paese straniero come l'Egitto avendo perso tutto? Vale la pena di salvare la propria vita e quella dei propri figli sapendo di aver lasciato dietro di sé oltre ai propri beni anche la propria identità e il proprio futuro?





Si può parlare di genocidio per la popolazione di Gaza?
A questa domanda, che ha animato il dibattito pubblico negli ultimi mesi, Amnesty ha tentato di dare una risposta. Dopo una ricerca approfondita in merito e un esame dettagliato delle violazioni commesse da Israele nella Striscia di Gaza tra il 7 ottobre 2023 e l’inizio di luglio del 2024, si è giunti alla conclusione che si tratti di un caso di genocidio. I risultati di quanto trovato sono stati raccolti e pubblicati in un rapporto fondamentale per comprendere la questione. 
All’incontro saranno presenti Vito Todeschini, legal advisor di Amnesty International e Tina Marinari, coordinatrice Campagne della Sezione italiana. Entrambi racconteranno in che modo si è giunti a questa definizione, quali sono gli aspetti fondamentali emersi da queste ricerche e la posizione e le azioni di Amnesty in merito. Entrata libera fino ad esaurimento posti.




L’8 e 9 gennaio alle 19:00, lo spazio Do Robe propone due serate per scoprire il film documentario di Elettra Bisogno e Hazem Alqaddi
*THE ROLLER, THE LIFE, THE FIGHT* 
 uscito nel 2024  83 minuti - in lingua inglese, francese, arabo con sottotitoli italiani
Trama: Hazem arriva in Belgio dopo un doloroso viaggio da Gaza. Elettra arriva a Bruxelles per studiare cinema documentario. I loro primi momenti insieme fanno scattare il desiderio di conoscersi e la macchina fotografica diventa lo strumento per ascoltarsi. L’esilio e la migrazione interiore ci permettono di trovarci laddove i punti di vista sono più miti ed equi.
"The Roller, the Life, the Fight" è un film che ha girato i festival nel mondo e vinto vari premi tra cui Miglior Film italiano al Biografilm e miglior film di debutto al Cinéma du Réel di Parigi.
Elettra sarà presente entrambe le sere e sarà felice di rispondere alle vostre domande dopo la proiezione
I posti sono limitati,  entrata a offerta libera Portarsi un maglione!



Domenica 12 gennaio dalle ore 17 📍 Centro la Locomotiva (quartiere dei Ferrovieri) via Rismondo 2
*Presentazione e vendita libro "La voce dei bambini di Gaza"*

La vendita supporta un progetto, di SOS Palestina/CIVG, "La compagnia L.Cecchetti, l'Associazione "Fonti di pace" con Associazione Social Media Club Palestine, di sostegno delle bambine e dei bambini di Gaza.
Durante l'incontro parleremo della situazione in Palestina a più di un anno dall'inizio del genocidio da parte di Israele, intervengono:
● Giuditta Brattini - volontaria a Gaza
● Imad Jarrar - palestinese di Jenin
L'incontro prevede degli intermezzi musicali dell'arpista Dara Mattiello.
*Dalle ore 19* Buffet di raccolta fondi per Gaza.