di Jonathan Cook, Jonathan Cook Substack, 7 settembre 2024.
Se non riesci a vedere il nesso causale tra gli abusi israeliani su generazioni di palestinesi e i crimini di Hamas, allora non hai una visione della natura umana. Non capisci te stesso.
Per molti anni ho vissuto a pochi passi dalla prigione di Megiddo, nel nord di Israele, dove è stato filmato un nuovo video pubblicato dal giornale israeliano Haaretz in cui guardie israeliane torturano in massa i palestinesi. Sono passato davanti alla prigione di Megiddo in centinaia di occasioni. Con il tempo sono arrivato a notare a malapena quegli edifici grigi e tozzi, circondati da torri di guardia e filo spinato.
Ci sono diverse grandi prigioni come Megiddo nel nord di Israele. È qui che i Palestinesi finiscono, dopo essere stati sequestrati dalle loro case, spesso nel cuore della notte. Israele, e i media occidentali, dicono che questi Palestinesi sono stati “arrestati”, come se Israele stesse applicando qualche legittima procedura legale su questi soggetti oppressi – o piuttosto oggetti – della sua occupazione. In realtà, questi Palestinesi sono stati rapiti.
Le prigioni sono invariabilmente situate vicino alle strade principali di Israele, presumibilmente perché gli israeliani trovano rassicurante sapere che i palestinesi vengono rinchiusi in numero così elevato. (Come nota a margine, dovrei ricordare che il trasferimento di prigionieri dal territorio occupato al territorio dell’occupante è un crimine di guerra. Ma lasciamo perdere).
Anche prima dei rastrellamenti di massa degli ultimi 11 mesi, l’Autorità Palestinese stimava che 800.000 Palestinesi – ovvero il 40% della popolazione maschile – avessero trascorso del tempo in una prigione israeliana. Molti non erano mai stati accusati di alcun crimine e non avevano mai ricevuto un processo. Non che ricevere un processo faccia molta differenza: il tasso di condanna dei palestinesi nei tribunali militari israeliani è vicino al 100 %. Sembra che non esista un palestinese innocente.
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