26 gennaio 2024

Il diario da Gerusalemme del capo ufficio stampa di MEDICI SENZA FRONTIERE


Gerusalemme 26 gennaio 2024
Scrivo dall'aereo, la mia missione è finita. Mi ritorna in mente tutto. L'abbraccio più lungo me lo ha regalato Marilou. Madre e nonna. Conosce bene la Palestina, con lo scoppio della guerra ha dato subito la sua disponibilità a partire come operatrice umanitaria. Marilou riabbraccerà i suoi nipoti a fine febbraio.
Felipe oggi è contento. Un nuovo nostro carico di aiuti è arrivato a destinazione. Pauline un po' meno, ogni giorno le davo metà della mia Moka.
L'aereo è decollato. Lungo il corridoio una bimba balla a piedi nudi e a fianco a me due bambini guardano i Puffi. Intanto, a Gaza, i bambini stanno vedendo cose che non vorremmo mostrarvi mai.
Sono arrivato e vado via con la guerra ancora in corso. Non mi ero fatto illusioni. Enrico, uscito qualche giorno fa da Gaza, ha detto: "Siamo una goccia nell'oceano". È vero. Ma siamo una "goccia di splendore, di umanità" (De Andrè). E una goccia può avere un sapore più persistente di un bicchiere intero.
Maurizio.
* Maurizio Debanne è il capo ufficio stampa di Medici senza Frontiere. Sarà a Gerusalemme per tre settimane e da lì scriverà questo diario.

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Gerusalemme 25 gennaio 2024
Occorrerebbero almeno 5 interventi chirurgici per ciascuno dei feriti che curiamo a Gaza. L'atroce realtà con cui si deve fare i conti è che, dopo la prima operazione, è quasi impossibile garantire la continuità delle cure. I feriti sono troppi, mancano le forniture mediche, molto personale è fuggito per la paura. E così le condizioni dei pazienti peggiorano. È stato questo il destino di Fadi, un uomo di 40 anni, ferito alla gamba destra e alla spalla sinistra. Ti risparmio il suo calvario e arrivo dritto alla sua condizione attuale: amputazione della spalla perché la ferita non è stata adeguatamente curata quando si trovava nel nord della Striscia. Oggi non può nemmeno camminare con le stampelle.
E poi c’è Miriam, che a soli 6 anni, dopo aver perso madre, fratello e sorella in un attacco aereo israeliano, e probabilmente anche il padre da allora disperso, ha dovuto subire l’amputazione della gamba destra. Accanto a lei in ospedale c’è sua zia, con grandi ferite a un braccio e a una gamba.
L’altro giorno abbiamo dovuto medicare la ferita di Miriam. Senza anestesia. Gli anestetici erano terminati. La medicazione è durata 30 minuti, giusto il tempo di pulire la ferita. Le urla assordanti della bambina si sono concluse con il grido più straziante: mamma. Non ci si può aspettare altro da una bambina di 6 anni, ma non a Gaza, dove una guerra senza regole porta solo dolore e morte. E scene come questa si ripetono, una dopo l'altra, in diversi ospedali dove lavoriamo.
A presto, Maurizio *.
* Maurizio Debanne è il capo ufficio stampa di Medici senza Frontiere. Sarà a Gerusalemme per tre settimane e da lì scriverà questo diario.

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Gerusalemme 21 gennaio 2024
Quando Léo Cans, il nostro capomissione a Gaza, ha visitato la terapia intensiva dell’ospedale Nasser ha trovato un bambino di 9 anni che vomitava sangue. È uno degli 80 feriti di un attacco aereo che ha ucciso 8 persone qualche giorno fa. “Penso che sopravviverà – dice Léo - ma questi attacchi sono indiscriminati”.
Ti chiedo adesso di pensare all’ospedale che conosci meglio. Chiudi gli occhi. Prova a vedere la porta principale d’ingresso. Voltati, guarda cosa c’è 150 metri più indietro: probabilmente un viale di ingresso, barriere automatiche o un parcheggio. Di certo vedrai persone che vanno e vengono, pazienti bisognosi di cure. Proprio lì, a 150 metri dall’ospedale, si è svolto l'attacco.
Un nostro chirurgo racconta di bombardamenti pesanti, panico tra i pazienti e le persone che avevano cercato rifugio in questo ospedale. Ora sono di nuovo in fuga, con grandi buste di plastica che contengono i pochi beni a disposizione. E questi sono i fortunati che si sono salvati. Rendere insicuri gli ospedali, luoghi concepiti per salvare vite, è disumano. È straziante prendersi cura di queste persone. Straziante essere testimoni di tutto questo.
A presto, Maurizio *.
* Maurizio Debanne è il capo ufficio stampa di Medici senza Frontiere. Sarà a Gerusalemme per tre settimane e da lì scriverà questo diario.
Gerusalemme 18 gennaio 2024
Dagli alloggi MSF ci sono due strade per raggiungere l’ufficio. Una, la più semplice da memorizzare, è prendere il viale principale, dove passa il tram che va a sud verso la città vecchia e Gerusalemme ovest e verso nord raggiunge Pisgat Ze’ev, un insediamento israeliano. Immaginati una grande strada piena di piccoli negozi, sopratutto di generi alimentari. Questa è la strada che ho fatto i primi giorni, sbirciando i negozi, cercando quello che mi ispirava di più per fare la spesa. Frutta e verdura regalano un caleidoscopio di colori, dal rosso delle fragole di Gerico alle nuance delle spezie che catturano i sensi.
E poi c’è l’altra strada, quella che con Louis, mio collega anche se ormai è più giusto dire amico, abbiamo chiamato le chemin des oliviers. Un sentiero che passa per il vecchio villaggio di Shu’afat, dove gli alberi di ulivo fanno da cornice alle case costruite con la pietra di Gerusalemme. A metà strada si passa di fronte a una scuola elementare e al mattino il chiasso dei bambini mi infonde un senso di tranquillità e normalità. Gerusalemme è tutto un sali e scendi di colline e, dal punto più alto di questa strada, nelle giornate di sole, si vede Ramallah.
Una cosa accomuna le due strade: in entrambi i casi ci vogliono 15 minuti di cammino, il che mi assicura almeno 30 minuti di camminata al giorno. In 30 minuti, a Gaza, una donna che ha partorito naturalmente deve lasciare il suo letto d’ospedale per fare posto alle nuove partorienti. Quando la lista d’attesa non è lunga, le dimissioni avvengono dopo 2 ore. Per il cesareo, le donne devono lasciare l’ospedale dopo solo 2 ore nei giorni più caotici, ma comunque mai oltre le 6. E questo perché a Gaza solo 13 dei 36 ospedali sono ancora parzialmente funzionanti. Ogni giorno, quando cammino per andare in ufficio, non faccio altro che pensare a quanto possano valere 30 minuti.
A presto, Maurizio *.
* Maurizio Debanne è il capo ufficio stampa di Medici senza Frontiere. Sarà a Gerusalemme per tre settimane e da lì scriverà questo diario.

Gerusalemme 16 gennaio 2024
Malak aveva 5 anni. Sfollata a causa della guerra, viveva in un nostro rifugio nel sud della Striscia di Gaza, insieme a 100 persone tra personale MSF e le loro famiglie. Il rifugio era una sala per matrimoni, situato in un’area non sottoposta a evacuazione. In un luogo dove fino a qualche mese fa si cantava e si festeggiava, Malak è stata uccisa da una granata che ha sfondato il muro dell’edificio, attraversato la sala, uscendo infine dal lato opposto. In ospedale si è provato di tutto per salvarle la vita. Le prime notizie erano già difficili da accettare, amputazione di entrambe le gambe. Ma in realtà l’intervento chirurgico non è bastato a rimediare alle ferite. Vi lascio immaginare la rabbia, l’impotenza. Suo padre lavora con noi da tanti anni.
Questa guerra ha tolto la vita anche a chi questa vita non la conosceva. Il figlio di Maha, una nostra paziente, è nato e morto in poco tempo. Maha viene dal nord della Striscia di Gaza, sfollata e incinta ha cercato un ospedale quando ha sentito che il travaglio stava iniziando, ma erano tutti pieni. Non c’era nessun posto per lei. Sentiva che qualcosa non andava, che doveva essere ricoverata. Aveva già avuto un parto cesareo, ma non avendo altra scelta, è tornata nella sua tenda. Suo figlio ha respirato il mondo per trovare la morte nelle latrine di un campo.
Maha oggi riceve le cure post-parto da un nostro team. Pascale, la collega che coordina le attività in ospedale, ci ha detto che Maha ha bisogno di esprimere il suo profondo dolore a tutti noi. Ha bisogno di gridare, di far conoscere l'ingiustizia che ha vissuto. Senza questa guerra, non avrebbe perso suo figlio. Con questa guerra, abbiamo perso tutti.
A presto, Maurizio *.
* Maurizio Debanne è il capo ufficio stampa di Medici senza Frontiere. Sarà a Gerusalemme per tre settimane e da lì scriverà questo diario.

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Gerusalemme 13 gennaio 2024
Al mio arrivo a Gerusalemme, una delle prime persone che conosco è Paul, originario del Canada. Trascorro con lui gran parte della mia prima giornata di missione. In poche ore memorizzo la suoneria del suo telefono. Appena suona (spesso), risponde, si alza, sparisce per un po’, e quando torna capisci dal suo sguardo se la situazione è grave.
Paul gestisce la sicurezza degli spostamenti dei team a Gaza. Quando diventa impossibile restare in un ospedale, perché fuori si combatte, è lui che coordina le evacuazioni. “Siamo sempre in una condizione di evacuazione, da un posto a un altro. Come la popolazione, che soffre ancora più di noi”.
Paul è un operatore umanitario di MSF dagli anni novanta. “La sofferenza umana è uguale in tutto il mondo, ma probabilmente questa è la mia missione piu difficile, certamente quella emotivamente più impattante”.
Il telefono squilla di nuovo, ma non sono brutte notizie. E’ suo figlio dal Messico, vuole sapere come sta. Torniamo a parlare e gli chiedo dell’attacco al convoglio di MSF del novembre scorso. “Ero al telefono con i colleghi mentre sparavano. Ho sentito le urla, gli spari”.
Qualche giorno fa Paul ha gestito l’evacuazione dei colleghi dall’ospedale di Al-Aqsa. I combattimenti erano a pochi metri. Ora la sua speranza è quella di occuparsi presto del movimento inverso, riportare i nostri medici in quell’ospedale, così come negli altri che abbiamo dovuto lasciare.
Quella sera Paul ha voglia di cucinare la pasta. Ci tiene a fare lui il sugo, gliel’ha insegnato sua madre, proponendomi di occuparmi della cottura della pasta. Ammette di essere preoccupato di fare tutto lui con un italiano di mezzo. La pasta era al dente, quanto al sugo lui rimane convinto di aver fatto il ragù. Gli ho spiegato che aglio, peperoni e alloro non sono nella ricetta originale. Ma a Paul non interessa più di tanto. E da Gerusalemme mi sento di dargli ragione.
A presto, Maurizio.
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10 gennaio 2024

Dopo l’università per una decina di anni ho seguito come giornalista il conflitto israelo-palestinese fino a quando ho dovuto rinunciare al mio sogno: scrivere un articolo sulla firma di un accordo di pace. Da lì la strada che mi ha portato a Medici Senza Frontiere, frutto della mia volontà di allargare i miei orizzonti sul mondo, con una prospettiva umanitaria. Il destino, oggi, mi riporta indietro nel tempo, in questa terra martoriata da un conflitto unico.
Sono in aereo, diretto a Gerusalemme, dove mi occuperò della comunicazione di MSF. Non scriverò più, quindi, di accordi mancati, negoziazioni impossibili, attacchi e vendette, ma dell'azione umanitaria di MSF a Gaza e in Cisgiordania. Attraverso le storie delle persone che incontrerò.
A presto, Maurizio *.
* Maurizio Debanne è il capo ufficio stampa di Medici senza Frontiere. Sarà a Gerusalemme per tre settimane e da lì scriverà questo diario.