08 dicembre 2023

FERMATE IL MONDO - NON RASSEGNAMOCI ALLA GUERRA! - Marcia della pace di Assisi - Lettera al Consiglio di Sicurezza del Segretario Generale ONU che invoca l’articolo 99 della Carta delle Nazioni Unite

 



Nella Giornata Internazionale dei Diritti Umani, in occasione del 75° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 1948-2023) organizziamo insieme una nuova marcia della pace e della fraternità per fermare le stragi. Riprendiamo in mano la bussola dei diritti umani!                                                      

   APPELLO La pace è possibile, riconoscere lo Stato di Palestina

MARCIA DELLA PACE DI ASSISI. Domenica 10 dicembre: il Consiglio di sicurezza voti l'istituzione immediata del 194° Stato membro dell’Onu: quello palestinese che ora è solo «osservatore». Fermare la carneficina a Gaza, liberare gli ostaggi, per una sicurezza duratura sia per il popolo israeliano che per quello palestinese al quale vanno assicurati stessa dignità e diritti

Domenica 10 dicembre, 75° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, si svolgerà ad Assisi una nuova Marcia della Pace per fermare le stragi a Gaza e nel resto del mondo. Ecco le proposte che saranno presentate nell’incontro dei costruttori di pace che si svolgerà prima della Marcia ad Assisi.

È urgente fermare la carneficina a Gaza, fermare ogni altro spargimento di sangue in Palestina e Israele, liberare gli ostaggi, costruire una sicurezza duratura sia per il popolo israeliano che per quello palestinese, assicurare ai palestinesi la stessa dignità e gli stessi diritti che hanno gli israeliani, realizzare l’aspirazione del popolo palestinese a vivere in un proprio Stato indipendente. È urgente anche mettere fine a tutte le altre guerre che continuano nel Medio Oriente, fermare il traffico delle armi e promuovere un vero processo di disarmo nucleare e convenzionale del Medio Oriente, avviare un processo di vero sviluppo sostenibile e di costruzione della fiducia reciproca tra tutti i popoli della regione.

TUTTO CIÒ PUÒ ESSERE messo in moto accogliendo immediatamente la Palestina come Stato membro delle Nazioni Unite.
Il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione e all’indipendenza e il progetto di una soluzione a due Stati per il conflitto israelo-palestinese sono stati chiaramente stabiliti dall’Assemblea generale dell’Onu in numerose risoluzioni, tra cui le risoluzioni 181 (II) (1947), 3236 (XXIX) (1974), 2649 (XXV) (1970), 2672 (XXV) (1970), 65/16 (2010) e 65/202 (2010), nonché dalle risoluzioni 242 (1967), 338 (1973) e 1397 (2002) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dal parere consultivo della Corte internazionale di giustizia del 9 luglio 2004 (sulle conseguenze legali della costruzione di un muro nei Territori palestinesi occupati).

A QUESTO SI DEVE aggiungere che lo Stato di Palestina è stato ammesso all’Onu in qualità di «Stato osservatore non membro» con la Risoluzione 67/19 dell’Assemblea generale del 29 novembre 2012 ed è stato riconosciuto da 139 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite (la stragrande maggioranza della comunità internazionale).

IL CONSIGLIO di Sicurezza dell’Onu, con il voto favorevole dei cinque membri permanenti, deve proporre all’Assemblea generale di ammettere immediatamente la Palestina all’Onu come «Stato membro» e impegnarsi a fornire sostegno politico, operativo e finanziario all’attuazione del Piano «due Stati per due Popoli».

La Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve includere i seguenti punti:
1. l’istituzione immediata della Palestina come 194° Stato membro dell’Onu, con i confini del 4 giugno 1967, con capitale a Gerusalemme Est;
2. il rilascio immediato di tutti gli ostaggi israeliani a Gaza e dei palestinesi ingiustamente detenuti nelle prigioni israeliane;
3. il cessate il fuoco permanente di tutte le parti;
4. l’invio immediato di tutti gli aiuti umanitari indispensabili per salvare e curare la popolazione di Gaza;
5. il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza;
6. la costituzione e l’invio di una “forza di pace” dell’Onu in Palestina.

L’APPROVAZIONE di questa Risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite deve essere accompagnata da una paziente quanto intelligente e determinata iniziativa di dialogo politico con tutte le parti. Israeliani e palestinesi devono essere aiutati ad accettare i compromessi necessari.

L’Onu, con il deciso sostegno dell’Italia e dell’Unione Europea, si deve assumere la responsabilità di garantire la sicurezza sia d’Israele che della Palestina. L’invio in Palestina di una “forza di pace” dell’Onu sotto diretta autorità del Segretario generale può rispondere al bisogno di sicurezza di entrambi i popoli.

INOLTRE, LA COMUNITÀ internazionale, con un atto simbolico di grande forza, deve decidere di trasferire la sede dell’Onu a Gerusalemme trasformando per davvero questa città nella capitale della pace e della riconciliazione, una capitale per i due popoli e i due Stati, una città aperta a tutte le religioni e ai tutti i popoli di tutto il mondo.

La comunità internazionale, riunita nell’Onu e nelle altre istituzioni internazionali democratiche, deve agire nell’interesse superiore della pace, dei diritti umani, della sicurezza internazionale nel mondo.
L’Italia deve fare la sua parte, com’è serio e realistico fare, nella consapevolezza dei suoi limiti ma anche dei suoi interessi vitali, della sua prossimità e delle sue responsabilità. L’inazione di altri non può più giustificare la nostra.

L’ITALIA PUÒ FARE molto.
Ma deve cambiare: smettere di essere di parte, assumere un ruolo attivo, propositivo e progettuale.
L’Italia deve assumere un’iniziativa politica e deve operare coerentemente affinché venga fatta propria dall’Unione Europea.
Per la realizzazione di questa politica, l’Italia può contare sul consenso della stragrande maggioranza dei propri cittadini e sull’impegno fattivo di un’ampia rete di gruppi, associazioni, Enti Locali e Regioni, attiva da più di trent’anni, ricca di relazioni, competenze, progetti ed esperienze con entrambi i popoli.

Per questo deve agire come “sistema paese” con una strategia e un piano di lavoro integrati. La diplomazia dei popoli e delle città può arrivare dove i governi non arrivano e provare a costruire dal basso le condizioni di una pace che non può più attendere.

A NOI LA SCELTA. Possiamo fingere di non sapere oppure guardare in faccia alla realtà.
Possiamo schierarci con gli uni contro gli altri, oppure possiamo cercare di capire le ragioni di entrambi cominciando dalle vittime.
Possiamo stare dalla parte del problema o cercare di essere dalla parte della soluzione. A noi la scelta. «La pace è possibile. Ci vuole buona volontà. La pace è possibile. Non rassegniamoci alla guerra! E non dimentichiamo che la guerra sempre, sempre, sempre è una sconfitta.

Flavio Lotti*, Marco Mascia**

* Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace
** Centro Diritti Umani Antonio Papisca, Università di Padova




L’articolo 99 dello Statuto ONU recita: “il Segretario Generale può richiamare l’attenzione del Consiglio di Sicurezza su qualunque questione che, a suo avviso, possa minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale” (NdT)

New York, 6 dicembre 2023

Sua Eccellenza
José Javier de la Gasca Lopez Domínguez
Presidente del Consiglio di Sicurezza, New York

Egregio Signor Presidente,
Le scrivo ai sensi dell’articolo 99 della Carta delle Nazioni Unite per portare all’attenzione del Consiglio di Sicurezza una questione che, a mio avviso, può aggravare le minacce esistenti al mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.

Più di otto settimane di ostilità a Gaza e in Israele hanno creato spaventose sofferenze umane, distruzione fisica e traumi collettivi in Israele e nei Territori Palestinesi Occupati.

Più di 1.200 persone sono state brutalmente uccise, tra cui 33 bambini, e migliaia sono rimaste ferite negli abominevoli atti di terrore compiuti da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi il 7 ottobre 2023, che ho ripetutamente condannato. Circa 250 persone sono state rapite, tra cui 34 bambini, più di 130 dei quali sono ancora prigionieri. Devono essere rilasciati immediatamente e senza condizioni. Le testimonianze di violenza sessuale durante gli attacchi sono spaventose.

I civili di tutta Gaza sono in grave pericolo. Dall’inizio dell’operazione militare israeliana, sarebbero state uccise più di 15.000 persone, di cui oltre il 40% erano minori. Migliaia di altre persone sono rimaste ferite. Più della metà delle case è stata distrutta. Circa l’80% della popolazione, pari a 2,2 milioni di persone, è stata sfollata con la forza in aree sempre più piccole. Più di 1,1 milioni di persone hanno cercato rifugio nelle strutture dell’UNRWA in tutta Gaza, creando condizioni di sovraffollamento, indecorose e antigieniche. Altri non hanno un posto dove ripararsi e si ritrovano per strada. I residuati bellici esplosivi stanno rendendo le aree inabitabili. Non c’è un’efficace protezione dei civili.

Il sistema sanitario di Gaza è al collasso. Gli ospedali si sono trasformati in campi di battaglia. Solo 14 ospedali su 36 sono anche solo parzialmente funzionanti. I due ospedali principali nel sud di Gaza stanno operando con un numero di pazienti tre volte superiore al numero dei loro posti letto e stanno esaurendo le forniture di base e il carburante. Stanno anche ospitando migliaia di sfollati. In queste condizioni, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane un numero sempre maggiore di persone morirà senza essere curato.

Nessun luogo è sicuro a Gaza.

Tra i costanti bombardamenti delle Forze di Difesa Israeliane, senza un riparo e senza l’essenziale per sopravvivere, mi aspetto che l’ordine pubblico crolli completamente a causa delle condizioni disperate, rendendo impossibile anche una limitata assistenza umanitaria. Potrebbe verificarsi una situazione ancora peggiore, con malattie epidemiche e un aumento della pressione per lo sfollamento di massa nei paesi vicini.

Nella Risoluzione 2712 (2023), il Consiglio di Sicurezza “chiede di aumentare la fornitura di tali beni per soddisfare i bisogni umanitari della popolazione civile, in particolare dei bambini”.

Le condizioni attuali rendono impossibile la conduzione di operazioni umanitarie significative. Stiamo comunque preparando delle opzioni per monitorare l’attuazione della risoluzione, anche se riconosciamo che nelle attuali circostanze ciò è insostenibile.

Sebbene le consegne di rifornimenti attraverso Rafah continuino, le quantità sono insufficienti e sono diminuite da quando la pausa è terminata. Non siamo in grado di raggiungere i bisognosi all’interno di Gaza. La capacità delle Nazioni Unite e dei suoi partner umanitari è stata decimata dalla carenza di rifornimenti, dalla mancanza di carburante, dalle comunicazioni interrotte e dalla crescente insicurezza. Il personale umanitario si è unito alla stragrande maggioranza dei civili gazesi per evacuare a sud di Gaza in vista dell’avanzare delle operazioni militari. Almeno 130 colleghi dell’UNRWA sono stati uccisi, molti con le loro famiglie.

Siamo di fronte a un grave rischio di collasso del sistema umanitario. La situazione sta rapidamente degenerando in una catastrofe con implicazioni potenzialmente irreversibili per i palestinesi nel loro complesso e per la pace e la sicurezza nella regione. Un tale esito deve essere evitato ad ogni costo.

La comunità internazionale ha la responsabilità di usare tutta la sua influenza per prevenire un’ulteriore escalation e porre fine a questa crisi. Esorto i membri del Consiglio di Sicurezza a fare pressione per evitare una catastrofe umanitaria. Ribadisco il mio appello a dichiarare un cessate il fuoco umanitario. È urgente. La popolazione civile deve essere risparmiata da danni maggiori. Con un cessate il fuoco umanitario, i mezzi di sopravvivenza possono essere ripristinati e l’assistenza umanitaria può essere fornita in modo sicuro e tempestivo in tutta la Striscia di Gaza.

La prego di accettare, signor Presidente, le assicurazioni della mia più alta considerazione.

Il Segretario Generale  António Guterres