30 settembre 2025

ROMPIAMO L’ASSEDIO DI GAZA con la Global Sumud Flotilla

L’Italia invii le tre portaerei italiane “Cavour”, “Garibaldi” e “Trieste” per soccorrere la popolazione palestinese
L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con la Risoluzione 60/1 del 16 settembre 2005, ha stabilito che 
          ogni singolo Stato ha la responsabilità di proteggere la sua popolazione da genocidi, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini                                            contro l’umanità. 

Ha statuito altresì che se uno Stato non è in grado di farlo o non si assume manifestamente la responsabilità di proteggere la popolazione da genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l'umanità, ma li compie deliberatamente, 

la Comunità internazionale, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, il Diritto internazionale dei diritti umani e il Diritto internazionale umanitario, ha la responsabilità di utilizzare adeguati mezzi diplomatici, umanitari e altri mezzi pacifici, per proteggere la popolazione da tali crimini.

 Il Consiglio di sicurezza può anche 

intraprendere in modo tempestivo e deciso azioni collettive se i mezzi pacifici dovessero rivelarsi inadeguati e le autorità nazionali manifestamente non si assumessero in maniera chiara la protezione delle loro popolazioni da genocidio, crimini di guerra, pulizia etnica e crimini contro l'umanità.


Di fronte al comportamento criminale dello Stato di Israele nella Striscia di Gaza e all’inerzia, che si traduce in complicità, degli Stati membri dell’Unione europea, la società civile europea ha il diritto dovere di ingerenza negli affari interni dello Stato di Israele per somministrare viveri, medicinali e servizi di prima necessità alla popolazione palestinese.

La “Responsabilità di Proteggere” non prevede e non tollera il doppio standard che contraddistingue il comportamento di gran parte dei governi europei in carica. La legge è uguale per tutti, è scritto nelle aule dei tribunali e ce lo insegnano a scuola.

L’azione della Global Sumud Flotilla volta a rompere l’assedio a Gaza, come fecero i Beati i costruttori di pace con la missione a Sarajevo nel dicembre del 1992 per far cessare uno dei più sanguinosi conflitti della fine del '900, è dunque doverosa e legittima ai sensi della Carta delle Nazioni e del Diritto internazionale dei diritti umani.

La Global Sumud Flotilla sta facendo quello che dovrebbero fare gli Stati europei sotto l’autorità delle Nazioni Unite: salvare il popolo palestinese e chiedere l’arresto dei criminali per i quali è stato emesso un mandato di cattura internazionale dalla Corte Penale Internazionale.

Chiedere, come stanno facendo alcuni governi europei, alla Global Sumud Flotilla di rinunciare alla sua missione pacifica, nonviolenta e disarmata, senza nemmeno nominare chi sono i criminali, è un ulteriore gesto di insopportabile ipocrisia e di grave complicità con i crimini che si stanno perpetrando nella Striscia di Gaza.

In virtù del principio della “Responsabilità di Proteggere”, la Global Sumud Flotilla sta realizzando una grande “Operazione di Salvataggio” dei bambini, delle bambine e di tutti i sopravviventi di Gaza. Ogni ora che passa, alcuni di loro saranno ammazzati, feriti, seviziati! E la colpa è anche di quei governi che non stanno facendo nulla per salvarli. Chi non agisce è complice!

Il governo italiano faccia partire subito le tre portaerei italiane “Cavour”, “Garibaldi” e “Trieste” cariche di aiuti. La Presidente del Consiglio e il Ministro degli Esteri salgano su quelle navi, dirigano le operazioni di soccorso e chiedano a tutti i Capi di Stato europei e del resto del mondo di fare altrettanto. Il genocidio e l’assedio di Gaza devono essere fermati!

NB. Il mare davanti alla Striscia di Gaza non è il mare di Israele. Quel mare è parte dei “Territori Palestinesi” occupati illegalmente dallo Stato di Israele. Il blocco armato di quella striscia di mare da parte di Israele è un atto illegale che non può essere tollerato.

Flavio Lotti, Presidente Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace
Marco Mascia, Presidente Centro Diritti Umani “Antonio Papisca” – Università di Padova

Perugia, Padova 29 settembre 2025

18 settembre 2025

La guerra delle parole di Israele per giustificare le violenze e le devastazioni

Ieri il Ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha pubblicato sui suoi social un video che mostra una torre bombardata nella Striscia di Gaza, e la didascalia: «la torre del terrore al Ghafri si schianta in mare. Stiamo soffocando i focolai di terrorismo». Il giorno prima aveva pubblicato un video che mostra la distruzione dell’Università Islamica a Gaza City, la cui didascalia recita: eliminare le fonti di incitamento e terrorismo.

di FRANCESCA MANNOCCHI

Mentre l’esercito israeliano si prepara a un’occupazione su vasta scala di Gaza City, intensificando le operazioni nel cuore urbano della Striscia, distruggendo torri residenziali e sedi universitarie che fungevano da rifugio per gli sfollati, emerge con sempre maggiore chiarezza che anche il linguaggio usato dal governo israeliano è un tassello dell’arsenale.

Un linguaggio che non si limita, cioè, ad accompagnare l’avanzata militare ma la precede, ne costruisce la narrazione, ne plasma la legittimità e ne previene il dissenso, un linguaggio che è dispositivo della guerra in grado di tradurre un’invasione annunciata in una misura difensiva, e la distruzione sistematica di un’intera città in un’operazione chirurgica di “sicurezza”.

Un linguaggio per cui ogni crimine è nascosto dietro la retorica della guerra al terrore.

Sempre due giorni fa, sempre il ministro della Difesa Katz, pubblicando il video dell’ennesimo palazzo residenziale disintegrato dalle bombe israeliane, aveva scritto: «House of cards. The skyline of Gaza is changing». Il profilo urbano di Gaza, ci dice Katz, sta cambiando.

Un messaggio (all’opinione pubblica interna e agli alleati) che va oltre la retorica bellica: Gaza non è più una città, ma un obiettivo da demolire, non più spazio urbano abitato, ma materiale da spianare.

Quella che Katz chiama «trasformazione» è in realtà l’annientamento di Gaza City e il cambiamento dello «skyline» è la distruzione della sua identità.

«House of cards. The skyline of Gaza is changing» è una frase che sintetizza la brutalità della strategia militare, un lessico che non è un sottoprodotto della violenza, una sua conseguenza, al contrario è essa stessa azione bellica, non accidentale ma sofisticata, pervasiva.

Precede l’attacco, lo legittima e lo spettacolarizza.