31 ottobre 2024

INIZIATIVE IN SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE

 A VICENZA E DINTORNI



    


Per il conflitto Israelo-palestinese viene ormai quasi univocamente invocata la “SOLUZIONE A DUE STATI” come fosse l’unica possibile (lo affermano l’ONU, Biden, il Papa, Mattarella, Meloni e tanti tanti altri…). “Questo MITO ben noto viene solitamente espresso in modo perentorio e afferma che esiste una soluzione del conflitto israelo-palestinese proprio dietro l’angolo. Tuttavia, la realtà dell’attuale colonizzazione di ingenti aree della Cisgiordania da parte di Israele rende improbabile qualsiasi soluzione a due stati…. 
È impensabile che la lotta per la liberazione nazionale, che ha ormai 150 anni, possa concludersi con un governo autonomo su appena il 20% della Palestina storica.” Questo scrive Ilan Pappé, ebreo israeliano, storico, che insegna in Inghilterra. Viene da pensare che tutti coloro che vedono in questa l’unica soluzione possibile, nella più benigna delle interpretazioni, non sappiano veramente di cosa stanno parlando.  Abbiamo deciso di dare spazio su questo tema alla voce di una persona giovane. Da Roma, dove vive, verrà a parlarcene ROBERTA SAIANI, laureata in Relazioni internazionali con master in politica internazionale, appassionata di analisi geopolitiche.
Vogliamo non perdere la speranza e la fiducia nell’uomo, dando la giusta considerazione a quanto auspicato da Edward W.Said (1935-2003, accademico palestinese nato a Gerusalemme e poi trasferito negli USA): “la scommessa sta nel trovare il modo pacifico di coesistere non come ebrei, musulmani e cristiani in guerra tra loro, ma come cittadini a pari diritti di una stessa terra”.

                                                       



 

   

IN ITALIA








23 ottobre 2024

Israele commette il più grande massacro finora avvenuto nel nord di Gaza

 

 Qassam Muaddi,  Mondoweiss, 21 ottobre 2024.   

L’assedio del nord di Gaza e del campo profughi di Jabalia entra nella sua terza settimana, mentre Israele ha tagliato gli aiuti a circa 200.000 persone. Sabato, le forze israeliane hanno bombardato Beit Lahia, uccidendo almeno 80 palestinesi, in uno dei più grandi massacri degli ultimi mesi.

Israele continua ad assediare il nord di Gaza e il campo profughi di Jabalia per il 16° giorno consecutivo, bloccando l’ingresso degli aiuti umanitari per circa 200.000 persone, tra continui attacchi aerei e bombardamenti di artiglieria.

Sabato 19 ottobre, le forze israeliane hanno bombardato un blocco residenziale a Beit Lahia, nel nord di Gaza, uccidendo almeno 80 palestinesi e ferendone oltre 100, segnando il più grande massacro nel nord di Gaza da mesi. Sempre sabato, le forze israeliane hanno bombardato il quartiere di Tel al-Zaatar, a Jabalia, uccidendo 33 palestinesi, tra cui 21 donne, e ferendone oltre 85.

Il direttore dell’ospedale Kamal Adwan di Beit Lahia, il dottor Husam Abu Safiyeh, ha dichiarato ad Al Jazeera che l’ospedale è pieno di personale medico esaurito e ai limitati, in una situazione di grave carenza di forniture mediche, cibo e carburante per i generatori di energia.

Il Dr. Abu Safiyeh ha anche detto che è la prima volta che l’ospedale affronta questo livello di condizioni disastrose dall’inizio della guerra, aggiungendo che sta lavorando alla massima capacità con risorse minime, dando priorità solo ai casi che possono essere salvati. Ha anche sottolineato che l’ospedale ha esaurito il sangue e che i medici sono andati in strada per chiedere alle persone di fare donazioni di sangue.

Fonti locali hanno riferito che le forze israeliane hanno arrestato decine di uomini e donne a Jabalia, detenendo un numero imprecisato di uomini prima di rilasciare gli altri.

Nel frattempo, le forze israeliane continuano a incontrare la resistenza dei gruppi palestinesi a Jabalia. Domenica, l’esercito israeliano ha ammesso l’uccisione del colonnello Ihsan Daqsa, il comandante della 401esima Brigata Corazzata dell’esercito israeliano in un combattimento a Jabalia.

L’ala armata di Hamas, le Brigate al-Qassam, hanno pubblicato un filmato dei propri combattenti che tendono un’imboscata ai soldati israeliani all’interno di un edificio, prendendo poi di mira i veicoli blindati che erano intervenuti in soccorso. Secondo al-Qassam, il filmato proveniva da Jabalia.

Lunedì 21, gli israeliani si sono riuniti vicino al kibbutz Be’iri, a tre chilometri dalla Striscia di Gaza, per chiedere di ‘reinsediare’ Gaza. Alla manifestazione hanno partecipato diversi membri della Knesset israeliana e ministri e leader dei coloni, tra cui il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e il Ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, come riportato dai media israeliani. Il reinsediamento a Gaza è stato sostenuto fin dall’anno scorso dal movimento dei coloni israeliani con l’appoggio di politici israeliani, compresi membri del governo.

Le richieste di reinsediamento si allineano al “Piano dei Generali”, che Israele è stato accusato di aver attuato nel nord di Gaza. Israele nega ufficialmente che la sua offensiva nel nord sia un’attuazione di tale piano, anche se Netanyahu, due settimane prima dell’inizio dell’assedio al nord di Gaza, ha detto ai legislatori israeliani che lo stava prendendo in considerazione.

Traduzione a cura di AssoPacePalestina

Un piano per liquidare il nord di Gaza sta prendendo piede

Netanyahu ha detto che Israele non si reinsedierà a Gaza. Ma i suoi stessi ministri raccontano una storia diversa

17 ottobre 2024

Video. I soldati israeliani mettono sui social media i video dei loro stessi crimini


L’unità Investigativa di Al Jazeera ha identificato molti dei soldati israeliani che hanno pubblicato prove dei loro stessi crimini di guerra sui social media. I loro crimini sono davvero gravi e disgustosi. Gli avvocati internazionali dicono che questa indagine potrebbe rivelarsi preziosa per i pubblici ministeri.

Il video che segue mostra un riassunto della situazione (5 min):

https://www.youtube.com/watch?v=kt59FS8urqI


09 ottobre 2024

INIZIATIVE IN SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE

             
                                              





08 ottobre 2024

Il sanguinario obiettivo finale di Netanyahu mira a un futuro Israele con una presenza palestinese minima


 Richard Falk blog, 4 ottobre 2024.   

Israele, nell’anno successivo agli attacchi guidati da Hamas del 7 ottobre, ha insistito sul fatto di essere motivato solo da obiettivi antiterroristici nel suo impegno originario di sterminare Hamas, e più recentemente ampliato all’impegno di distruggere Hezbollah come avversario credibile, e -così facendo- indebolire il suo avversario più temuto, l’Iran. Il suo evidente scopo accessorio è stato quello di registrare Hamas, Hezbollah e gli Houthi dello Yemen come proxy dell’arcinemico Iran, accusato di essere il principale sostenitore del ‘terrorismo anti-israeliano’ in Medio Oriente; si tratta infatti di una coalizione di milizie e gruppi politici in Medio Oriente, la maggior parte dei quali presenti negli elenchi occidentali di organizzazioni terroristiche, e presumibilmente legati all’Iran e, in misura minore, alla Siria, in un cosiddetto ‘asse della resistenza’.

A gettare nuove nubi oscure sull’osservanza del triste anniversario del 7 ottobre, è l’attacco simile a quello di Gaza condotto da Israele negli ultimi mesi contro presunti obiettivi di Hezbollah nel sud del Libano, estendendosi ai quartieri controllati da Hezbollah nel sud di Beirut.

Quest’ultima fase di iper-violenza israeliana è culminata negli attacchi mortali con cercapersone/radio, seguiti giorni dopo dall’assassinio del leader di lunga data di Hezbollah, Hassan Nasrallah, il 27 settembre. E questo un anno dopo che il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha parlato di un mondo che “sta diventando instabile a causa dell’aumento delle tensioni geopolitiche”.

In mezzo a questa preoccupazione per i resoconti quotidiani di atrocità e di gravi e massicce sofferenze dei civili, di recente è stata posta una domanda riguardo alla prolungata dismisura della violenza israeliana, unita al suo ostinato rifiuto di accettare l’appello quasi universale alle Nazioni Unite e altrove per un cessate il fuoco a Gaza legato a un accordo di scambio di ostaggi e prigionieri: Qual è l’obiettivo strategico di Israele che vale un tale sacrificio della sua reputazione globale come stato dinamico e legittimo, anche se controverso?

E dietro a questa domanda inquietante si nasconde un’ansiosa domanda correlata: Israele ha un obiettivo finale che possa giustificare, almeno ai suoi occhi, questo auto-sacrificio insieme alla sua sgradita accettazione dello stigma criminale di credibili accuse di apartheid e genocidio, così come la lista di crimini contro l’umanità e il suo brutale vilipendio delle Nazioni Unite?

Il gioco finale di Netanyahu