
di Basel Adra, +972 Magazine, 6 maggio 2025.
In poche ore, le forze israeliane hanno demolito case, pozzi e persino grotte nella frazione cisgiordana di Khilet al-Dabe’, lasciando le famiglie senza un posto dove ripararsi.
Nelle prime ore di lunedì mattina 5 maggio, due enormi escavatori Hyundai e due bulldozer Caterpillar sono usciti dai cancelli dell’insediamento israeliano di Ma’on, nelle colline a Sud di Hebron, costruito illegalmente su terreni palestinesi appartenenti al villaggio di At-Tuwani. Per i residenti della zona, la vista di questi “mostri gialli”, come li chiamano, è un presagio: la giornata sarà piena di distruzione e le famiglie perderanno le case in cui si sono svegliate poche ore prima.
Circa 90 minuti dopo, la forza dell’operazione è diventata evidente. Jeep militari, soldati dell’esercito israeliano, unità di pattugliamento delle frontiere, funzionari dell’amministrazione civile e un gruppo di operai si sono radunati e poi si sono mossi tutti insieme verso Khirbet Khilet al-Dabe’, un piccolo ma resistente villaggio incastonato tra le terre alte di Shafa Yatta e le colline basse di Masafer Yatta. Mi sono precipitato lì con altri attivisti locali per documentare ciò che temevamo stesse per accadere.
Siamo stati fermati da un gruppo di soldati mascherati a circa 80 metri dalle case del villaggio. “Non vi è permesso avanzare”, ha abbaiato un soldato, lasciando cadere a terra un vecchio secchio arrugginito e dichiarando: “Questo è il confine di una zona militare chiusa: chiunque lo oltrepassi sarà arrestato”.
Abbiamo chiesto se c’era un ordine militare ufficiale che stabiliva l’area come vietata. Un soldato ha risposto: “Arriverà tra pochi minuti”. Ma la demolizione si è protratta per ore e non è mai arrivato un ordine del genere. Non si trattava dell’applicazione di una sentenza legale, ma piuttosto di un esercizio di puro potere militare. In realtà, i soldati non hanno nemmeno fatto finta di rispettare le leggi discriminatorie di Israele. Ci hanno semplicemente minacciato con armi e arresti.
Mentre i soldati ci trattenevano, un escavatore ha distrutto due pozzi d’acqua, mentre altri hanno fatto irruzione nella comunità stessa. Le famiglie sono state portate via con la forza dalle loro case. Tra loro c’erano Amna Dababseh, 80 anni, e suo marito Ali, 87 anni.
“Mia figlia ci ha portato la colazione e stavamo per mangiare, quando ci ha detto ce l’esercito era entrato nel villaggio”, ha raccontato Amna. “All’improvviso, i soldati erano davanti alla nostra porta. Uno ha indicato la nostra casa e ha detto: ‘Uscite. Stiamo per demolire questa casa’. Gli ho detto: ‘Mio marito ha avuto un ictus e riesce a malapena a camminare. Io ho il diabete. Dove volete che andiamo?” Mi ha risposto: ‘in montagna’. Muovetevi!”.