15 maggio 2025

INIZIATIVE IN SOLIDARIETA' CON IL POPOLO PALESTINESE

 




 








“March to Gaza”, il mondo si mobilita con un solo obiettivo: aprire la frontiera, far entrare gli aiuti umanitari ed esigere la fine dell’assedio

Cresce di minuto in minuto il numero di utenti che si aggiunge al canale Telegram “March to Gaza – Call for international Civil Mobilization to Open a Humanitarian Corridor to Gaza”.
Una mobilitazione che è una risposta popolare all’inazione dei governi di fronte ai quotidiani massacri che i bombardamenti israeliani provocano nella Striscia. L’iniziativa ha preso forma in Francia e si sta diffondendo in diversi paesi.
“Una iniziativa apartitica e pacifica – si legge nel gruppo Telegram – attiva in questo momento in più di 20 Paesi e che vede insieme operatori sanitari, umanitari, addetti alla logistica, avvocati, attori esperti sul campo provenienti da ogni angolo del mondo. Con un unico obiettivo: aprire un corridoio umanitario a Gaza, attraverso negoziati diplomatici con l’Egitto, sotto la supervisione internazionale. L’iniziativa non intende violare i confini nazionali e minare la sovranità degli stati. È costruito interamente su un coordinamento pacifico e civile, e mira a facilitare l’arrivo di un’assistenza medica, aiuto umanitario e personale di emergenza alla popolazione civile nel pieno rispetto del diritto umanitario internazionale”.



Yalla Filastin! 🇵🇸
2 giorni di dibattiti, cultura e solidarietà con la Palestina che Resiste!

📍 10-11 maggio al Parco Piacentino in Arcella (PD)


Dopo un anno e mezzo di barbarie e brutalità, perpetrate in mondovisione dallo stato terrorista di "Israele", e a pochi giorni dal 77simo anniversario della Nakba, la "catastrofe" del 1948, in cui si ricorda la cacciata di centinaia di migliaia di Palestinesi dai propri villaggi e case sotto il fuoco sionista,
come collettivi e singoli solidali con la lotta di liberazione del popolo palestinese promuoviamo Yalla Falestine!
Due giorni dedicati alla Palestina e al suo popolo coraggioso con l'obiettivo di parlare della sua storia e cultura con momenti di discussione e approfondimento, ma anche per rafforzare il legame tra chi si è mobilitato in questo ultimo anno e mezzo a fianco del popolo palestinese, sostenendo l'unità della Resistenza senza distinguo, denunciando le responsabilità criminali del nostro e degli altri governi occidentali e rifiutando ogni piano di normalizzazione e collaborazionismo con l'occupazione come quello portato avanti dall'Autorità Nazionale Palestinese di Mahmud Abbas.

Per una Palestina unita dal fiume al mare!

🔻PROGRAMMA🔻
📅 SABATO 10
🕝 h14.30 - Apertura due giorni
🕓 h16 - Iniziativa/dibattito "Dalla Nakba al genocidio nel contesto di guerra odierno"
🕖 h19 - Stage di Darbouka/drum circle
🕗h20 - Buffet
🕘h21 - Serata musicale con Jam Session e djset Tecnodabka
📅 DOMENICA 11
🕥 h10.30 - Laboratorio per bambini/e "Yalla si gioca"
🕧 h12.30 - "La resistenza nel fumetto e nell'arte Palestinese" e presentazione di Palestzine
🕜 13.30 - Buffet
🕞 15.30 - Iniziativa/dibattito "Contro l'egemonia della cultura imperialista e la militarizzazione nei luoghi di istruzione"

Durante tutta l'iniziativa saranno presenti mostre fotografiche e contro-informative, banchetti ed esposizioni di materiali.




08 maggio 2025

I palestinesi si sono svegliati al rumore dei bulldozer. A mezzogiorno il loro villaggio era stato distrutto

 di Basel Adra,    +972 Magazine, 6 maggio 2025.  

In poche ore, le forze israeliane hanno demolito case, pozzi e persino grotte nella frazione cisgiordana di Khilet al-Dabe’, lasciando le famiglie senza un posto dove ripararsi.

Le forze israeliane demoliscono edifici a Khirbet Khilet al-Dabe, a Masafer Yatta, in Cisgiordania, 5 maggio 2025. (Wisam Hashlamoun/Flash90)

Nelle prime ore di lunedì mattina 5 maggio, due enormi escavatori Hyundai e due bulldozer Caterpillar sono usciti dai cancelli dell’insediamento israeliano di Ma’on, nelle colline a Sud di Hebron, costruito illegalmente su terreni palestinesi appartenenti al villaggio di At-Tuwani. Per i residenti della zona, la vista di questi “mostri gialli”, come li chiamano, è un presagio: la giornata sarà piena di distruzione e le famiglie perderanno le case in cui si sono svegliate poche ore prima.

Circa 90 minuti dopo, la forza dell’operazione è diventata evidente. Jeep militari, soldati dell’esercito israeliano, unità di pattugliamento delle frontiere, funzionari dell’amministrazione civile e un gruppo di operai si sono radunati e poi si sono mossi tutti insieme verso Khirbet Khilet al-Dabe’, un piccolo ma resistente villaggio incastonato tra le terre alte di Shafa Yatta e le colline basse di Masafer Yatta. Mi sono precipitato lì con altri attivisti locali per documentare ciò che temevamo stesse per accadere.

Siamo stati fermati da un gruppo di soldati mascherati a circa 80 metri dalle case del villaggio. “Non vi è permesso avanzare”, ha abbaiato un soldato, lasciando cadere a terra un vecchio secchio arrugginito e dichiarando: “Questo è il confine di una zona militare chiusa: chiunque lo oltrepassi sarà arrestato”.

Abbiamo chiesto se c’era un ordine militare ufficiale che stabiliva l’area come vietata. Un soldato ha risposto: “Arriverà tra pochi minuti”. Ma la demolizione si è protratta per ore e non è mai arrivato un ordine del genere. Non si trattava dell’applicazione di una sentenza legale, ma piuttosto di un esercizio di puro potere militare. In realtà, i soldati non hanno nemmeno fatto finta di rispettare le leggi discriminatorie di Israele. Ci hanno semplicemente minacciato con armi e arresti.

Mentre i soldati ci trattenevano, un escavatore ha distrutto due pozzi d’acqua, mentre altri hanno fatto irruzione nella comunità stessa. Le famiglie sono state portate via con la forza dalle loro case. Tra loro c’erano Amna Dababseh, 80 anni, e suo marito Ali, 87 anni.

Ali Dababseh in mezzo ai soldati mentre le forze israeliane demoliscono edifici nel villaggio cisgiordano di Khilet al-Dabe’, 5 maggio 2025. (Wisam Hashlamoun/Flash90)

“Mia figlia ci ha portato la colazione e stavamo per mangiare, quando ci ha detto ce l’esercito era entrato nel villaggio”, ha raccontato Amna. “All’improvviso, i soldati erano davanti alla nostra porta. Uno ha indicato la nostra casa e ha detto: ‘Uscite. Stiamo per demolire questa casa’. Gli ho detto: ‘Mio marito ha avuto un ictus e riesce a malapena a camminare. Io ho il diabete. Dove volete che andiamo?” Mi ha risposto: ‘in montagna’. Muovetevi!”.