08 gennaio 2014

Recenti donazioni per aiutare per i bambini di Gaza

A fine giugno è mancato Roberto Dal Lago, persona dal forte impegno civile (CGIL, Festambiente)  e da sempre sostenitore del popolo palestinese.
La moglie Patrizia Duso ha disposto che le offerte raccolte al funerale venissero devolute .all'Associazione Salaam ragazzi dell'olivo di Vicenza; anche altre persone, colleghi di lavoro di Roberto, ci hanno destinato una donazione in sua memoria. 
A questa somma si sono aggiunte la donazione di Angela Baldisserotto, fatta con il ricavato dei proventi della vendita del suo libro e un'integrazione presa dal conto dell'Associazione.
Il risultato è una somma complessiva di 2.500 euro.
 
Sapendo che Giuditta Brattini (vedi il profilo qui sotto) sarebbe andata a Gaza l'abbiamo pregata di segnalarci una situazione di bisogno e lei ci ha consigliato di versare la cifra al centro del Palestinian Medical Relief di Jabalia, che conosciamo da anni e che si occupa di aiutare bambini traumatizzati.
 
Giuditta Brattini, istruttore nella Pubblica Amministrazione, lavora da anni in progetti sanitari di cooperazione decentrata per la Palestina. La sua attività è iniziata nel 2003 con  il progetto del distretto sanitario di Sabastia-Nablus, in collaborazione con la O.N.G. Palestinese Medical Relief; un progetto sanitario che per 6 anni ha avuto il contributo di vari Enti Pubblici e dalla Regione Veneto.
Attualmente, per conto del Gruppo Consiliare Regione Veneto Federazione della Sinistra in collaborazione con i Direttori degli Ospedali di Gaza e con il supporto logistico del Palestinian Medical Relief, sta monitorando le attività e i bisogni dei 12 ospedali pubblici della Striscia di Gaza, con particolare attenzione alle necessità dei bambini. L'approfondimento e lo studio dei bisogni rilevati sono poi valutati per una eventuale richiesta di finanziamento ad Enti Pubblici e il sostegno di privati.
Membro dell’Associazione Gazzella onlus, Giuditta da anni è presente nella Striscia di Gaza dove con il supporto e la collaborazione del Palestinian Mediacl Releif, l’ Associaizone Hanan e Associazione El Meer visita i bambini e le bambine feriti e portatori di handicap che sono in adozione con il progetto Gazzella.
L’attività svolta da Giuditta è volontaria.

Ecco un interessante report inviatoci da Giuditta il 22 dicembre, in cui illustra la situazione di Gaza dopo la recente alluvione.



Sono arrivata nella Striscia di Gaza, 9 dicembre u.s., quando già si annunciava l’arrivo del maltempo, l’elettricità veniva fornita per sole 6 ore al giorno e il gasolio scarseggiava. Il Ministero della Salute aveva diramato un comunicato di pre-allerta dando indicazione alle O.N.G. Sanitarie Palestinesi, presenti sul territorio, di tenere aperti i centri clinici per le emergenze. Tra questi anche il Medical Relief che si è attivato per la reperibilità del personale, mentre il Ministero dell’Istruzione dichiarava la chiusura di tutte le scuole di ordine e grado per 4 giorni. 

Da mercoledì, 11 dicembre, la bufera si è abbattuta su Gaza: forte vento, grandine, pioggia incessante e più di 1.600.000 palestinesi si sono trovati a dover fronteggiare una calamità di cui il Governo di Gaza non aveva i mezzi sufficienti per dare adeguata risposta. Strade e case allagate con acqua anche fino a 1 metro. In tante località della striscia di Gaza c’è stato un blakout di elettricità durato fino a 4 giorni, con disagi indescrivibili di intere famiglie al freddo, senza poter cucinare o lavarsi. Più di 20.000 persone sono state evacuate in scuole pubbliche e intere famiglie sono state costrette a trasferirsi presso parenti. Le strade completamente deserte, allagate con scarichi che rigettavano acqua  dal sistema fognario per la mancanza di elettricità che impediva il funzionamento degli impianti di pompaggio delle acque reflue.
In quei giorni ho visitato, non con poca fatica, il villaggio di beduini di Beit Hanun dove la gente, che già  vive in misere condizioni in baracche di lamiera, è stata messa a dura prova; il centro di raccolta rifiuti di Beit Layha era un lago di immondizia maleodorante disperso in una vasta area anche abitata. Nella Middle area, Deir Balah e più a sud Khan Younis, i campi e le case sommerse dall’acqua, non solo piovana, ma soprattutto dall’acqua del fiume che attraversa il centro abitato di Beersheva. Infatti l’autorità israeliana aveva pensato bene di deviare il fiume, aprendo le chiuse, per evitare inondazioni nei centri abitati dagli israeliani. Non solo il governo israeliano non adempie ai “doveri” di stato occupante, ma coglie qualsiasi occasione per punire la popolazione palestinese e peggiorarne le condizioni di vita quotidiana.
Il maltempo ha causato gravi danni, tuttavia non possiamo limitarci a dire che la catastrofe, famiglie che hanno perso tutto, danni all’ambiente e alle infrastrutture, siano imputabili solo al maltempo o alla incapacità dell’Autorità di Gaza di dare risposte in una grave situazione di emergenza. La causa principale è l’occupazione israeliana e lo stato di assedio a cui è sottoposta la striscia di Gaza con limitazione e preclusione all’ importazioni di qualsiasi materiale-attrezzature (sanitari, educativi, alimentari, per la costruzione). 
Il border di Kerem Shalom è stato riaperto dopo lunghe chiusure, per far transitare 500 mila litri di carburante. Questo rifornimento, che potrà dare sollievo per circa 3 mesi alla popolazione di Gaza, è stato sostenuto economicamente dal Qatar che si è offerto di pagare le tasse di importazione, spesa che altrimenti il Governo di Gaza non avrebbe potuto sostenere. 

La crisi si fa sentire anche per la chiusura a Rafah di più di 1.000 tunnel, condizione questa che ha bloccato la fornitura di beni di consumo portando al collasso la popolazione di Gaza, ma ha determinato anche altre gravi situazioni. Tutti i materiali importati, infatti, erano sottoposti ad una tassa e con il ricavato il Governo della striscia di Gaza, Hamas, faceva fronte anche al pagamento dei salari dei suoi circa 50 mila  dipendenti pubblici. Dallo scorso mese di settembre questi lavoratori ricevono il 50% del salario che mediamente è di 700 dollari al mese, mentre i dipendenti pubblici, che lavorano a Gaza e afferiscono dell’A.N.P. di Ramallah, percepiscono lo stipendio grazie al contributo economico dell’Unione Europea. 
Parlando con i lavoratori del Governo locale di alcuni settori pubblici, medici, insegnanti, questi hanno dichiarato che sono disposti a fare sacrifici per il paese, ma quando si lavora a fianco di un collega che percepisce lo stipendio solo perché afferisce ad altra Autorità, la situazione diventa difficile da comprendere. Questa diversità di trattamento ha determinato forti tensioni e divisioni interne.
Durante la mia permanenza a Gaza i pescatori hanno organizzato 3 giorni di attività presso il porto di Gaza. Hanno voluto denunciare le conseguenze dell’assedio israeliano rivendicando il diritto di poter navigare liberamente e lavorare. Negli ultimi 4 anni la marina israeliana ha ucciso 2 pescatori , 24 sono stati feriti e più di 100 pescatori arrestati. Notevoli anche i danni a tante imbarcazioni.
Dopo quattro giorni di maltempo ho potuto organizzare gli incontri con i nostri bambini feriti che afferiscono al Medical Relief e i bambini portatori di handicap seguiti dall’associazione Hanan. Alcune famiglie  mi hanno raccontato che sono state costrette ad evacuare la casa e trovare sistemazione presso strutture pubbliche, scuole o parenti. Mi hanno parlato delle difficoltà di quei giorni: la fornitura dell’acqua irregolare, la mancanza di elettricità per più giorni, molti generatori inutilizzabili perché danneggiati o per mancanza di gasolio. Alcune case dei nostri bambini sono state danneggiate dal vento e grandine che hanno causato rotture di vetri e nei casi peggiori scoperchiati i tetti. Altre famiglie mi hanno raccontato di essere rimaste isolate in casa a causa dell’acqua e sono state soccorse dal servizio di difesa civile che si è avvalso anche delle barche messe a disposizione dei pescatori.
Da parte delle famiglie che ho incontrato è stato espresso il ringraziamento per le attività di Gazzella significando che il supporto economico e le nostre visite rappresentano una forma di sostegno reale e concreta.
Il sole è tornato sulla striscia di Gaza dopo 5 giorni di bufera, ma in alcune località la popolazione resta sommersa da acqua sporca ed è ancora al freddo.
Dopo questa catastrofe,  senza azioni determinate, la vita quotidiana dei palestinesi di Gaza sarà drammaticamente peggiore di quanto già non sia. L’assedio deve finire, devono essere restituiti dignità e diritti a partire dalla libertà di movimento delle cose  e delle persone, per non lasciare che l’aiuto umanitario faccia da ponte al colonialismo.
Giuditta
22 DICEMBRE 2013