19 maggio 2017

800 bambini palestinesi detenuti nelle carceri israeliane negli ultimi mesi
Nella Palestina devastata dagli insediamenti il Tribunale militare israeliano processa bambini palestinesi 

Sono rarissime le testimonianze e le notizie su una delle più gravi violazioni dei diritti umani che si ripete nella Palestina occupata: il “processo” di bambini palestinesi davanti al Tribunale militare israeliano: pubblichiamo la testimonianza di Sarah Champion, deputata laburista alla Camera dei Comuni di Londra. La corrispondenza è del 10 febbraio ed è stata pubblicata sull’Huffington Post.


Cosa diavolo sta succedendo in Palestina e come facciamo a lasciarlo accadere? Fa freddo. Davvero molto freddo. Il vento arriva come tanti colpi di frusta dall’aperta campagna e il compound militare che ho davanti è il primo ostacolo che trova nel suo corso. E’ la prima settimana di gennaio e io sono in Palestina, in coda per entrare dove potrò vedere di persona i bambini detenuti sotto processo e l’emissione della sentenza. Sono fortunata. Abbiamo spedito i miei documenti agli Israeliani in anticipo e i due avvocati internazionali con me sono ben conosciuti, così bastano 10 minuti e siamo dentro. 

Non così fortunati i genitori che sono stati in coda a lungo già prima del nostro arrivo. Molto probabilmente partiti alle cinque per essere lì quando il primo caso sarebbe stato chiamato, alle nove. La Palestina è un paese molto piccolo, ha circa le stesse dimensioni di una contea inglese, non è la distanza o la mancanza di mezzi di trasporto pubblici a rendere i viaggi così lunghi: sono i posti di blocco. Il sessanta per cento della West Bank della Palestina è designato Area C e praticamente è tutta sotto il controllo militare israeliano. In parole povere, la maggior parte della Palestina non è gestita dai Palestinesi, ma dall’IDF, l’esercito israeliano.

E’ per questo che i bambini palestinesi che sono venuta a vedere qui oggi sono giudicati da un tribunale militare, non da uno civile, ed è anche il motivo per cui i genitori hanno impiegato cinque ore per percorrere poche miglia, poiché il loro percorso era disseminato di posti di blocco militari. In linea d’aria, il Tribunale militare è solo un paio di miglia dal mio albergo in Ramallah, ma il viaggio mi ha portato via quasi un’ora con un’auto privata, avendo dovuto zigzagare, girare in tondo, ripassare cercando un posto di blocco aperto, che non avesse un’enormità di persone in coda e che fosse segnalato accessibile. Ed era un’auto con targa israeliana! 

Ci sediamo su sedili di plastica ed è solo allora che noto il piccolo ragazzo spaventato seduto da solo dietro una barriera coi piedi incatenati. L’avvocato della difesa si avvicina e ci dice che il ragazzo ha 14 anni e sarà condannato per un lancio di pietre, durante il quale è stato ferito un poliziotto. Il ragazzo è già stato incarcerato per quattro mesi in attesa della sentenza. Il procedimento inizia. Il giudice parla. Diventa evidente che quel giovane militare con i piedi sulla scrivania è il traduttore. La sessione si svolge in ebraico, ma il ragazzo parla arabo. Di tanto in tanto, il traduttore lancia qualche parola in arabo nella sua direzione e il ragazzo le afferra disperatamente cercando di capire quale sarà il suo destino.

Gli hanno dato sette mesi (oltre a quelli già passati nell’attesa) e altri dodici mesi con sospensione della pena.  (continua………………..)

Le parole di Marwan Barghouthi dalla prigione di Hadarim, pubblicate dal NY Times il giorno 16.4.2017    
           Avevo solo 15 anni quando sono stato imprigionato per la prima volta. Avevo appena 18 anni quando un ufficiale israeliano mi ha costretto a divaricare le gambe mentre mi trovavo nudo nella stanza degli interrogatori, prima di colpire i miei genitali. Sono svenuto dal dolore, e la caduta conseguente ha lasciato una grande cicatrice che da allora segna la mia fronte. L’ufficiale mi prese in giro, dicendo che non avrei mai potuto procreare, perché dalla gente come me nascono solo terroristi e assassini.
         Pochi anni dopo, ero di nuovo in una prigione israeliana, conducendo uno sciopero della fame, quando nacque il mio primo figlio. Quando aveva appena 18 anni, mio figlio a sua volta è stato arrestato e ha trascorso 4 anni nelle prigioni israeliane. Il più grande dei miei 4 figli è ora un uomo di 31 anni. Eppure io sono ancora qui, continuando questa lotta per la libertà insieme a migliaia di prigionieri, milioni di palestinesi e il sostegno di così tanti in tutto il mondo. L'arroganza dell‘occupante oppressore e dei suoi sostenitori li rende sordi a questa semplice verità: prima che riescano a spezzare noi, saranno le nostre catene ad essere spezzate, perché è nella natura umana rispondere al richiamo della libertà a qualsiasi costo.
La libertà e la dignità sono diritti universali che sono connaturali all’umanità e devono essere goduti da ogni nazione e da tutti gli esseri umani. I Palestinesi non saranno un'eccezione. Solo porre fine all’occupazione potrà cessare questa ingiustizia e segnare la nascita della pace."


I numeri dei prigionieri palestinesi
In aprile 2017
Dal settembre 2000
Numero dei prigionieri
6.500
100.000
Palestinesi arrestati

Palestinesi arrestati
Numero dei prigionieri donna
56
tra cui 13 minori
1.500
Numero di minori
300
15.000
Numero di carcerati in detenzione amministrativa
500
27.000
Ordini di detenzione amministrativa
Numero di detenuti appartenenti al PLC (Parlamento Palestinese)
13
70
Numero di prigionieri detenuti da prima degli Accordi di Oslo
29

Numero di prigionieri detenuti da più di 20 anni
44

Numero di prigionieri morti
210




Dati forniti dalla Commissione OLP per gli Affari dei Detenuti ed ex-Detenuti, dall’Associazione dei Prigionieri Palestinesi e dall’Ufficio Statistico Palestinese.

Questi numeri impressionanti suggeriscono l’esistenza di una politica mirata a intimidire e limitare fortemente la libertà dei Palestinesi. 
(Rapporto dell’Osservatore Speciale ONU sulla situazione dei diritti umani 
nei territori palestinesi occupati nel 1967. 19 ottobre 2016)

Per maggiori informazioni :
Info: www.assopacepalestina.org ; www.nena-news.it ;   http://bit.ly/2ofHswI 

13 maggio 2017

Digiuno di solidarietà con i prigionieri palestinesi

SOLIDARIETA’
CON I DETENUTI POLITICI PALESTINESI IN SCIOPERO DELLA FAME


Continua lo sciopero della fame  dei detenuti politici palestinesi nelle carceri israeliane.
Lo sciopero, lanciato da Marwan Barghouti, è iniziato il 17 aprile scorso e sta coinvolgendo quasi 1700 persone.

I detenuti chiedono migliori condizioni di vita-cure mediche, libri, poter telefonare, poter incontrare i parenti, porre fine al regime di detenzione amministrativa ma Israele rifiuta ogni contatto, punisce i detenuti con misure di isolamento ed è pronta a somministrare l’alimentazione forzata, prassi che si  configura come tortura secondo le leggi vigenti.

IL COMITATO VICENTINO PER LA LIBERAZIONE DEI PRIGIONIERI POLITICI PALESTINESI (Amnesty, Arci Servizio Civile, CGIL, Donne In Rete per la Pace, Fornaci Rosse, MIR, Pax Christi, Progetto sulla Soglia, Sinistra Italiana, Salaam Ragazzi dell’Ulivo, Vicenza Capoluogo)

ORGANIZZA DUE GIORNI DI DIGIUNO IN SOLIDARIETA’:
SABATO 20 MAGGIO piazza Matteotti  DOMENICA 21 MAGGIO  contrà Del Monte
ORE 10-19


SOSTENIAMO LA LOTTA  NONVIOLENTA DEI PRIGIONIERI PALESTINESI!
ADERIAMO e PARTECIPIAMO AL DIGIUNO!

PER  ADESIONI INDIVIDUALI  e di ASSOCIAZIONI
AGNESE: inespriante@libero.it; 347-320714
ELDA: eldagarbin@yahoo.it; 0444 963806
MASSIMO: mascorradi@gmail.com; 342-0430339
MIRIAM: miriam.gag@alice.it; 333-1144391

info: www.assopacepalestina.org; www.nena-news.it;   http://bit.ly/2ofHswI