19 ottobre 2011

Progetti di Salaam in Palestina (terza e ultima parte)

Continua e si conclude il racconto del viaggio di Michela e Mauro in Palestina.
Per leggere la parte precedente vedi il primo e il secondo post.

Un'altra realtà che abbiamo deciso di aiutare è stata quella di At-Tuwani, un villaggio tra le colline a sud di Hebron (South Hebron Hills). Abbiamo consegnato 800 euro al responsabile del villaggio, Hafez Huraini, che avevamo già conosciuto ad un meeting di Pax Christi a Firenze tre anni fa. Il contributo servirà alla gestione collettiva del villaggio, per le spese di carburante e le iniziative pubbliche.
Con le sue poche centinaia di abitanti, At-Tuwani è il punto di riferimento per una decina di paesini dell'area. Da poco meno di un anno (dopo il passaggio di Tony Blair a capo del Quartetto) il villaggio è stato allacciato alla corrente elettrica, ha un ambulatorio che funziona una volta la settimana e l'unica scuola elementare nell'arco di varie decine di km. 


Durante gli anni '80 accanto ad At-Tuwani sono comparse le prime roulotte israeliane, che con il passare del tempo sono diventate villette a schiera, fondando così di fatto l'insediamento di Ma'on. Questo genere di concentrazioni urbane in quest'area sono vietate dalla legge internazionale e anche, per quel che concerne l'installazione di roulotte, dalla stessa legge israeliana. I residenti di Ma'on sono ebrei ortodossi riconducibili a gruppi di estrema destra: basano sulla Bibbia la loro presenza sul territorio rivendicando la terra come propria, in quanto Dio la donò al popolo israeliano! La convivenza tra israeliani e palestinesi è stata fin da subito molto difficile, i primi forti dell'appoggio statale e militare, hanno iniziato a coltivare la terra di proprietà dei pastori del villaggio palestinese e ben presto sono iniziate le violenze. In un primo periodo i coloni attaccavano i pastori che si avvicinavano troppo all'insediamento, poi il bersaglio sono diventati i bambini palestinesi durante il percorso da casa a scuola. Violenze che perdurano tutt'oggi. Vi consigliamo di ascoltare l'intervista ad Hafez ad un meeting a Rimini digitando su youtube 'da tuwani a rimini intervista ad hafez' sottotitolata in italiano, per ascoltare dalla sua voce il racconto della situazione.


Infine abbiamo visitato alcune comunità beduine della Valle del Giordano e abbiamo potuto vedere la situazione di quell'area confinante con la Giordania, che secondo tutti gli accordi e secondo le decisioni dell'ONU avrebbe dovuto essere Palestina, ma che oggi è occupata dalle grandi piantagioni (un milione di alberi da dattero cui, secondo il progetto, si dovrebbero aggiungere ulteriori tre milioni) e dagli insediamenti coloniali. Per noi un vero shock, la peggiore di tutte le situazioni che in questi anni abbiamo visto e attraversato nei Territori Occupati.

I proprietari terrieri palestinesi che coltivavano il granaio della Valle del Giordano provenivano in maggioranza dalla città di Nablus, ma nel 1967 questa terra è stata occupata ed i legittimi proprietari semplicemente furono espulsi dalle loro attività, senza alcun risarcimento. I residenti invece, ossia le comunità beduine sono state ridotte all' osso, attraverso un processo di espulsioni e da 300.000 residenti nel 1967 siamo oggi a quota 56.000. 

Dal 1967 ad oggi, il governo israeliano ha favorito la costruzione delle colonie che attualmente occupano il 50% dell'area, mentre il 44% del territorio è stato dichiarato zona militare ('Firing Zone '), mentre ai palestinesi resta un misero 6%. L'amministrazione civile israeliana emette gli ordini di demolizione, requisisce le risorse idriche, confisca i serbatoi per l'accumulo dell'acqua, avvia i procedimenti legali per depredare le comunità beduine del poco che è rimasto. Un terzo delle risorse idriche di tutta la Cisgiordania sono nella Valle del Giordano ed i palestinesi la sentono scorrere sotto i propri piedi e non possono berla. 



L'attività agricola degli insediamenti viene gestita da grandi aziende multinazionali, da qui si esportano datteri in tutto il mondo. Agrexo, la società che recentemente è stata messa in liquidazione sotto il mirino delle campagne di boicottaggio, in realtà ha sofferto sì della campagna BDS ma anche dell'apertura al libero mercato decretata dai governi di destra che ha infranto il monopolio che deteneva, cosicché altre aziende sono entrate nello sfruttamento dell' area. Se pensiamo che molti di questi poveri beduini al mattino si mettono in fila davanti al cancello di ingresso degli insediamenti in cerca di una giornata di lavoro in nero e sottopagati, per poi ritornare nel loro villaggio a pochi km. senza acqua e a volte sotto il coprifuoco stabilito dall'esercito, credetemi viene da piangere.
Anche nella Valle del Giordano si sono formati comitati popolari non violenti, di lotta e di resistenza all'occupazione e sempre più l'attività degli internazionali si rivolge verso la Jordan Valley.
Vi consigliamo di visitare il sito Jordan Valley Solidarity, sempre aggiornato su tutti gli avvenimenti.

In conclusione, le situazioni che meritano il nostro aiuto sono innumerevoli ma abbiamo selezionato il Melquita Center, il villaggio di At-Tuwani, il progetto di adozioni a distanza di Tulkarem ed il Freedom Theatre. Ringraziamo ancora l'Assessorato alla pace di Vicenza, i sostenitori privati ed i soci di Salaam Vicenza, che con le svariate attività di cineforum, iniziative e Festambiente hanno permesso gli aiuti arrivassero a destinazione. 
Di molti altri incontri e luoghi non abbiamo parlato ma anch’essi meriterebbero di essere trattati, come la situazione della città vecchia di Hebron e ciò che sta avvenendo a ShuhadaStreet, come l'incontro degli ex–soldati dell' IDF dell'Associazione Breaking the silence, oppure i deputati di Hamas di Gerusalemme che ancor'oggi vivono dentro la Croce Rossa Internazionale poiché, dopo essere stati regolarmente eletti, Israele ha emesso un ordine di espulsione, oppure le proteste dei comitati di resistenza nei villaggi a ridosso del Muro come Bi'lin. Ma il racconto si farebbe ancora più lungo, chi fosse interessato a saperne di più non esiti a scriverci.
Vi lasciamo con l'ultima foto di un murales a Ramallah dedicato al nostro Vittorio.

Cordiali saluti
Michela e Mauro
 
 


16 ottobre 2011

Progetti di Salaam in Palestina (seconda parte)


Continua il racconto di viaggio di Michela e Mauro. Per la prima parte vedi il precedente post.

2. Ma l'incontro che più ci ha emozionati è stato al Freedom Theater di Juliano Mer Khamis nel campo profughi di JENIN.
 
Juliano, il suo fondatore, è stato purtroppo assassinato il 4 aprile 2011 - pochi giorni prima del nostro Vittorio Arrigoni - mentre con la sua auto faceva ritorno a casa dopo aver svolto la sua attività al teatro, da mani ancora non note ma si teme il peggio, ossia che si tratti del gruppo islamico salafita che ha il controllo del campo. 
Al teatro abbiamo incontrato l'altra persona importante del teatro, ossia Zakaria Zubeidi, quasi unico superstite alle vicissitudini del campo del gruppo dei bambini di Arna, la madre di Juliano che per prima aveva fondato l'attività teatrale a Jenin. Zakaria, ora un uomo di 35 anni noto alle cronache di tutto il mondo per essere stato il leader della resistenza nel campo profughi di Jenin durante i tragici avvenimenti del 2002, affiliato alle Brigate Martiri di Al-Aqsa il braccio armato del partito Al Fatah, ha deposto le armi e lotta contro l'occupazione israeliana con il metodo nonviolento della cultura e del teatro. Nel 2002 ha visto morire metà componenti della propria famiglia e moltissimi amici cresciuti con lui al teatro di Arna.

Ma al Freedom Theatre di Juliano c'è qualcosa di più profondo della lotta contro l'occupazione militare, la lotta di questi giovani è anche contro la cultura conservatrice autoctona. Religione e famiglia sono le istituzioni che comandano e che non danno nessuna chance all'emancipazione dei giovani, ancor oggi le famiglie impongono il matrimonio combinato spesso consanguineo sia ai figli maschi che, soprattutto, alle figlie femmine che continuano ad essere segregate in ambiti soltanto casalinghi (prole e fornelli come si dice!).
Al Teatro si insegna ai giovani, ragazze e ragazzi, ad aspirare alla libertà e all'emancipazione a 360°, ma portare la rivoluzione illuminista a Jenin non è cosa facile. Forse per questo motivo Juliano è stato ucciso, noi comunque come Salaam abbiamo versato al Teatro un contributo di 500 euro per l'impegno e per le lodevoli attività. Vi consigliamo di visitare il loro sito e guardarvi i promo degli spettacoli ve ne renderete conto.



Il giorno seguente siamo andati al campo profughi di TULKAREM dove ci aspettava Mahmoud, il nostro referente locale per le adozioni a distanza.
Mahmoud ci ha organizzato un incontro a casa sua con le quattro famiglie dei bambini del campo profughi, che con il contributo del Comune di Vicenza e con le donazioni dei privati siamo riusciti ad aiutare anche quest'anno.
Abbiamo consegnato 350 euro ad ogni famiglia, un contributo maggiore di ciò che eroga l'Autorità Nazionale Palestinese quale forma di sostegno ai profughi.
Il nostro contributo serve soprattutto al sostegno scolastico dei bambini ed al sostentamento in generale di queste famiglie, ancora troppo numerose a causa della condizione di sottosviluppo economico accompagnato al sottosviluppo culturale in cui vivono i rifugiati, che in Cisgiordania rappresentano circa il 30 – 35 % della popolazione mentre nella Striscia di Gaza si arriva oltre il 50 %.

Qui di seguito vi forniamo qualche informazione per ogni bambina o bambino e famiglia che abbiamo aiutato.

Ibrahim ha 11 anni e frequenta la quinta elementare nella scuola dell' UNRWA (l’Agenzia Onu per i rifugiati) del campo profughi.
Il nucleo famigliare è composto di cinque persone, madre, padre e tre figli. Il padre è disoccupato da sempre poiché è nato con una malformazione ed è sordomuto. La madre ha lavorato in una fattoria come contadina, ma a causa di un incidente sul lavoro è stata ricoverata ed ora si trova in stato di disoccupazione, inoltre avrebbe bisogno di ulteriori cure sanitarie che la famiglia non è minimamente in grado di sostenere economicamente.
Sono aiutati trimestralmente dall' UNRWA con razioni alimentari, ma complessivamente tutta la famiglia versa in cattive condizioni di salute, non solo il padre e la madre ma anche il primo figlio nato asmatico e che non è seguito adeguatamente da un punto di vista sanitario.

Mohammad ha 10 anni e frequenta la quarta elementare nella scuola dell' UNRWA.
E’ il è il più piccolo della famiglia, composta dalla madre, dal padre, da due sorelle e un fratello.
La famiglia avendo acquisito il titolo di rifugiati viene aiutata dall' Unrwa con razionamento di cibo ogni tre mesi e viene aiutata con piccole somme mensili dall' Autorità Nazionale Palestinese. Il capo famiglia è ammalato allo stomaco e non esercita nessuna attività lavorativa, la madre casalinga è analfabeta.
Il bambino ha avuto di recente la scabbia, dovuta alle condizioni igienico – sanitarie generali in cui le persone vivono nel campo profughi, ma è stato curato nonostante le grosse difficoltà per la famiglia di mantenere adeguatamente i figli.

Raja frequenta l'asilo del campo profughi, ha cinque anni.
Il nucleo famigliare è composto da cinque persone: il padre di 28 anni, la madre di 20 e tre bambine. Vivono in una casa in affitto nel campo assieme ai nonni. Il padre è disoccupato, è in cerca di qualsiasi lavoro ma a tutt'oggi non l’ha trovato.
La famiglia è aiutata dall 'UNRWA trimestralmente con razionamento di cibo e dall' Autorità Nazionale Palestinese con piccole somme di denaro.


Aya, di 11 anni, frequenta le sesta classe delle scuole primarie in una scuola dell'Autorità Nazionale Palestinese.
La famiglia è di 11 componenti, madre, padre, cinque figli e quattro figlie.
Il padre attualmente è detenuto in un carcere israeliano, accusato di reato di clandestinità. E' stato catturato dall'esercito perché aveva tentato di entrare in Israele senza permesso in cerca di lavoro, questo per cinque volte ma l'ultima gli è risultata fatale. E' stato condannato ad un anno di reclusione.
La madre ha problemi di salute poiché, oltre ad essere asmatica dalla nascita, ha anche gravi problemi vasco–circolatori.
Soltanto il primo figlio maschio di anni 27 risulta occupato, lavora presso un caffè shop nella città di Tulkarem e percepisce uno stipendio di circa 200 euro mensili con il quale aiuta tutta la famiglia.
Inoltre la famiglia viene aiutata trimestralmente dall'UNRWA e dall' Autorità Nazionale Palestinese con razionamento di cibo e piccole somme di denaro che non bastano comunque a soddisfare i bisogni di tutto il nucleo.

Per il medesimo scopo abbiamo aiutato il CENTRO MELCHITA di RAMALLAH gestito dalla splendida vicentina Resi che vive a Ramallah dal 1967, laica di appartenenza melchita (cristiani cattolici d'oriente). Presso il Centro abbiamo acquistato 550 euro di ricami da vendere in Italia, confezionati da donne palestinesi che frequentano il Centro; il ricavo della vendita di questi manufatti spesso è l’unica fonte di sostentamento per le loro famiglie.

                                                              (continua ... )

15 ottobre 2011

Progetti di Salaam in Palestina (prima parte)

Cari associati, sostenitori, amici di Salaam Vicenza.
Siamo due membri della suddetta associazione - Michela Chimetto e Mauro Zanotto - e scriviamo per render conto dei progetti che abbiamo sostenuto in Palestina per conto di Salaam stessa con il sostegno, quest'anno, dell'Assessorato alla Pace di Vicenza e di privati che in questi anni non ci hanno mai fatto mancare il loro prezioso contributo.

A luglio 2011 abbiamo partecipato alla delegazione italiana dell’Associazione per la Pace (Assopace di Luisa Morgantini) nazionale che ha compiuto un viaggio nei Territori Occupati.
La scelta di partecipare alla delegazione composta da 46 italiani è dovuta al fatto che, secondo noi, Luisa è la persona in Italia che meglio conosce la realtà dei Territori Occupati di Palestina sia da un punto di vista politico che sociale (non ci sbagliavamo!) e perchè Assopace ha un approccio laico che noi condividiamo appieno.
Abbiamo incontrato molte associazioni non governative, istituzioni, comitati, in una parola i palestinesi tutti nella loro complessità: non credenti, musulmani, cristiani, beduini. Abbiamo incontrato anche realtà del mondo pacifista israeliano.


Siamo stati nel villaggio beduino di LUBAN - appena fuori Gerusalemme sulla strada che si dirige verso Gerico - un piccolo villaggio incuneato tra diversi insediamenti ebraici illegali, dove pochi giorni prima del nostro passaggio i coloni avevano bruciato la terra dei beduini e distrutto una casa di povera gente che vive di pastorizia e agricoltura (quel poco che rimane!).



Abbiamo visitato la città vecchia di NABLUS con gli splendidi ragazzi e ragazze dell'Associazione Human Supporters, che si occupano di attività didattico / ricreative per bambini e giovani ancora duramente provati dal lungo assedio, iniziato nel 2002 e durato quasi tre anni, in cui molte persone sono state ferite e uccise dall'esercito israeliano. In quell' anno maledetto in cui il Governo d'Israele aveva dichiarato Yasser Arafat e l' Autorità Nazionale Palestinese ' il NEMICO ' numero uno prima che lo diventasse Hamas.




Siamo stati ad HAIFA in Israele e siamo stati ricevuti dall' associazione pacifista 'Isha l'Isha' (Donna per donna) che si batte contro le discriminazioni verso le donne in Israele.
L'associazione composta per un quarto da donne arabo – israeliane, un quarto lesbiche (appartenenti ad Assuat, l'associazione delle donne lesbiche arabo – israeliane), un quarto di donne israeliane sefardite, ed un ultimo quarto di donne israeliane askenazite.
Ci raccontavano come il governo israeliano acconsenta a tutte le tecniche mediche di fertilità, a cui possono accedere le donne israeliane, per cercare di contrastare l'aumento demografico dei palestinesi. La paura dell' inversione demografica per Israele è in questo momento la più grande.
Ma la novità che non conoscevamo consiste nel fatto che negli ultimissimi anni vi sono rabbini che chiedono e giustificano teologicamente la legalizzazione della poligamia, pratica finora estranea all' ebraismo ma che potrebbe trovare applicazione in funzione di contrasto all'aumento demografico arabo.

Sempre ad Haifa abbiamo visitato il Mossawa Center, associazione di arabo – israeliani che lotta contro le discriminazioni imposte da Israele nei confronti dei propri cittadini arabi. Molti di loro sono cristiani. La portavoce ci raccontava che nell' attuale sistema legislativo israeliano ci sono ben 23 leggi discriminatorie vigenti di cui 4 approvate solo nel corso dell'ultimo governo Netanyahu. Riguardano il sistema scolastico, l' accesso alle professioni, ai matrimoni, all' edilizia residenziale ma anche il diverso trattamento da parte della magistratura civile nei confronti del crimine se esso è commesso da arabi oppure da ebrei israeliani. Dal 2000 un solo ebreo è stato condannato per omicidio commesso ai danni di una persona araba, mentre il totale degli omicidi da quella data è stato di 44.
Nelle comunità arabe il tasso di disoccupazione femminile è dell' 80%, anche se una parte di esse è in possesso di una laurea, e soltanto il 5 % delle tasse versate allo stato d 'Israele ritornano alle comunità, una percentuale irrisoria rispetto a quella che viene spesa in favore degli ebrei.

Ci siamo poi recati al villaggio di JAYYUS allocato nel distretto di Qalqilya (la grande prigione di Cisgiordania una città completamente circondata dal muro con una sola entrata larga circa mezzo chilometro il cui accesso è controllato militarmente dell'esercito israeliano).

A Jayyus abbiamo incontrato il Sindaco che ci ha raccontato che nel 1948 - in seguito alla nascita dello Stato di Israele - al suo villaggio sono stati sottratti 15000 dunum (misura della terra adottata in molti paesi arabi fin dalla dominazione ottomana). Da allora il 74 % dei residenti palestinesi se ne sono andati via, chi in altre località della Cisgiordania, chi in altri paesi arabi e chi in Europa. Nel 2002 è iniziata la costruzione del Muro che è penetrato per 6 km dentro al rimanente territorio di Jayyus. Il risultato è che ora il 75 % della terra coltivabile è isolata dal villaggio ed i contadini vi possono accedere solo in orari prestabiliti scritti nel cancello di entrata (Gate) sotto il controllo dell' esercito (per la precisione i contadini hanno 30 minuti a disposizione al mattino per entrare e 30 minuti nel pomeriggio per uscire, e comunque devono essere muniti del permesso dell' esercito di occupazione). Sono stati richiesti 499 permessi e ne sono stati concessi 255.
L'altro enorme problema è che il 100 % dell' acqua è rimasta dall' altra parte del Muro. Essa consiste in cinque pozzi che oggi servono totalmente l' agricoltura degli insediamenti coloniali ed i palestinesi di Jayyus sono costretti ad acquistarla dall 'Autorità Nazionale Palestinese che a sua volta la deve comprare da Israele ad un prezzo notevolmente maggiorato.


 Una sentenza della Corte Suprema Israeliana ha concesso il ritorno di un pozzo su cinque al villaggio di Jayyus, ed essa dovrebbe essere eseguita nel 2012, ma come tutte le sentenze che riguardano i Territori Occupati vengono attuate solo e se soltanto l'esercito ha la volontà di eseguirle e quindi il villaggio aspetta il 2012 nella speranza che il comandante della zona sia ben disposto.

                                                                                (segue ...)

03 ottobre 2011

La Fondazione Zoé presenta: Il respiro OLTRE I MURI



Dalla fibrosi cistica al “Progetto Gaza”
Viaggio tra salute e cronaca nel nuovo Medioriente
 
Mercoledì 5 ottobre 2011 ore 20.45
Palazzo delle Opere Sociali, piazza Duomo 2 

Si tratta di una serata dedicata al prof. Eitan Kerem, dell’Hadassah Medical Center di Gerusalemme, e al suo “Progetto Gaza” per la cura dei bambini affetti da fibrosi cistica. 
Vorremo riuscire ad analizzare tutti gli aspetti legati alla salute, ma non solo. Vorremo infatti riuscire ad andare seppur solo per un paio d’ore oltre i muri, le diffidenze, i pregiudizi, ecc.. Per questo con Kerem, Assael (Centro fibrosi cistica di Verona) e Matteo Marzotto (Vicepresidente Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica) che parleranno soprattutto degli aspetti medico-sanitari della malattia e della cooperazione, abbiamo invitato anche l’editorialista e scrittore italo-algerino Khaled Fouad Allam ed il corrispondente Rai da Il Cairo, Mar Innaro. Per cercare di capire anche attraverso le loro esperienze se e come sta cambiando la sponda sud del Mediterraneo.

Per prenotazioni e informazioni: tel. 0444 325064 - info@fondazionezoe.it
Ingresso gratuito no ad esaurimento posti


La Fondazione Zoé
L'obiettivo di Zoé è formare e crescere una nuova generazione di collaboratori, medici, pazienti, farmacisti, operatori dell'informazione capaci di superare i limiti attuali della comunicazione della salute e raggiungere il grande pubblico, grazie a nuove forme di comunicazione e di coinvolgimento che risultino accessibili ed efficaci, allo scopo di promuovere una cultura della salute basata sui principi della conoscenza e dell'informazione.
Le attività di Zoé, le cui linee tecnico-operative vengono indirizzate dal Comitato Scientifico all'interno di una programmazione annuale, sono iniziative di formazione, ricerca e divulgazione volte a sensibilizzare l'opinione pubblica e gli operatori del settore sulla necessita' improcrastinabile di affrontare in maniera strutturata l'evoluzione contemporanea dei concetti di salute, qualità della vita e benessere della persona.