28 aprile 2011

Kairos Palestina

Il Gruppo scout Vicenza 7 e la Zona Vicenza Berica in collaborazione con l'Ufficio Diocesano Pellegrinaggi di Vicenza e l'Associazione Salaam ragazzi dell'olivo - Vicenza invitano alla presentazione di

Kairòs Palestina
un grido di fede, di speranza, d'amore
dal cuore della sofferenze del popolo palestinese


venerdì 6 maggio alle ore 20.45 nella sala del cinema Primavera
in via A.F.Ozanam 11 (dietro la chiesa di S.Bertilla) a Vicenza

Parteciperà all'incontro don Nandino Capovilla coordinatore di Pax Christi Italia


Porre fine all’occupazione dei territori palestinesi e al boicottaggio che strangola l’economia della Palestina, riducendo in miseria la popolazione; eliminare il muro di separazione che sigilla la barriere fra i due popoli, rinegoziare con serietà e chiarezza per costruire la pace nella regione: sono i punti principali di un appello firmato e diffuso, in vista del Natale 2009, da un gruppo di leader cristiani di diverse confessioni fra i quali il Patriarca emerito di Gerusalemme, Mons. Michel Sabbah, e l’Arcivescovo del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, Mons. Theodosios Atallah Hanna.

Grazie allo sforzo di buona volontà della comunità internazionale, dei leader politici della regione e delle Chiese nel mondo, “la pace e è possibile” ed è la sola speranza per il futuro della Terrasanta. Ma essa impone uno sforzo concreto da parte di tutti, e non solo “parole vuote” che per troppo tempo sono risuonato senza cambiare nulla nella situazione reale.

I firmatari dell’appello lamentano che “l’occupazione è un peccato contro Dio e l’umanità” e ricordano, fra i problemi più scottanti, “il muro di separazione israeliano eretto in territorio palestinese, il blocco di Gaza, le colonie israeliane che sorgono su terreni palestinesi, le umiliazioni subite ai posti di blocco militari, le restrizioni religiose e gli accessi controllati ai luoghi santi, la piaga dei rifugiati che attendono il loro diritto al ritorno, i prigionieri detenuti in Israele e la paralisi della comunità internazionale di fronte a questa tragedia”.

Tuttavia, afferma il testo, “Dio ci ha creato per vivere in pace. La nostra terra ha una missione universale e la promessa della terra non è mai stato un programma politico, ma piuttosto preludio alla salvezza universale”.

Leggi anche l'articolo di Raniero La Valle sul documento che verrà proposto.

15 aprile 2011

La casa di Vittorio (da Il Manifesto del 15 aprile)


Qualche settimana fa Vittorio Arrigoni mi ha salutato tono preoccupato, ma non per la sua presenza a Gaza bensì per la salute del padre, operato di recente e in precario stato di salute.
Ai genitori Vittorio è molto legato, non solo dall’affetto di figlio ma anche dalla condivisione di ideali politici. Una famiglia impegnata a sinistra, da sempre, che lo ha appoggiato in tutte le sue scelte.
«Da casa mi arrivano notizie preoccupanti, per qualche settimana me ne andrò in Italia, ho voglia di rivedere mio padre», diceva. Da Gaza invece non è più partito, forse confortato da qualche aggiornamento giunto dall’Italia. Vittorio la Striscia di Gaza non la lascerebbe mai. Quel piccolo lembo di terra è diventato la sua seconda casa, anzi la prima, dove vivere e svolgere il suo impegno a difesa dei diritti dei palestinesi, sotto assedio e dimenticati dal mondo. Faceva male ieri sera vedere Vittorio bendato e con segni di violenza sul volto nel un video postato su Youtube, con le mani legate dietro la schiena, mentre qualcuno gli tiene la testa per i capelli. Faceva davvero male se si tiene conto del lavoro svolto da Vittorio dal 2008 sino ad oggi per informare sempre, in ogni momento, attraverso il suo blog, su Facebook e con articoli per vari siti, su quanto accade a Gaza. Senza un attimo di sosta, anche di notte. «Aerei F-16 israeliani hanno colpito pochi minuti fa Rafah...un contadino ucciso da un cecchino mentre era nel suo campo...bambino ferito gravemente da una raffica», sono i messaggi che da Gaza lancia continuamente al mondo, accompagnandoli da commenti ed analisi.

Nella Striscia Vittorio Arrigoni era arrivato la prima volta come rappresentante dell’International solidarity movement, a bordo di uno dei due battelli del Gaza Freedom Movement che violando, con successo, il blocco navale israeliano di Gaza, ha aperto la strada alla nascita due anni dopo della Freedom Flotilla. Diventammo amici in quei giorni. Per il suo look da lupo di mare – berretto, pipa e tatuaggi – lo ribattezzai «Capitan Findus». A lui piaceva quel nomignolo che qualche settimana dopo divenne purtroppo azzeccato, vista la fuga a nuoto che Vittorio tentò (invano) quando venne bloccato in mare da commando israeliani giunti a fermare le barche dei pescatori palestinesi. Venne incarcerato in Israele e rispedito in Italia ma lui, dopo qualche settimana, si imbarcò su di un altro battello della GFM e ritornò a Gaza. Fu una decisione davvero importante, forse perché era consapevole di ciò che stava maturando sul terreno. Il 27 dicembre 2008 si ritrovò ad essere l’unico italiano e uno dei pochi stranieri presenti nella Striscia di Gaza durante la devastante offensiva militare israeliana «Piombo fuso». I suoi racconti pubblicati dal manifesto, chiusi immancabilmente dalle parole «Restiamo umani», rappresentano una delle testimonianze più lucide e coinvolgenti di quanto accadde in quei giorni d’inferno in cui Gaza, peraltro, era chiusa alla stampa internazionale. Con il manifesto poi Vittorio ebbe qualche incomprensione ma non aveva esitato un minuto, lo scorso dicembre, a rivolgere in Facebook e Youtube un appello ai tanti che lo seguono – e sono molte migliaia, non solo in Italia in sostegno della sopravvivenza del nostro giornale.

A Gaza Vittorio Arrigoni era tornato, senza più lasciarla, poco più di un anno fa, passando dall’Egitto, per dedicarsi alla tutela delle migliaia di contadini palestinesi ai quali Israele non permette l’ingresso nei campi coltivati situati in quell’ampia «zona cuscinetto» costituita unilateralmente all’interno della Striscia. Era impegnato anche a scrivere il suo nuovo libro. Ma Gaza è un territorio dove troppi attori, spesso solo burattini manovrati da qualcuno, cercano un ruolo da protagonisti. Tra questi ci sono i salafiti della sedicente «Brigata Mohammed Bin Moslama», ai quali non interessa nulla di Gaza e dei palestinesi e ancora meno dei loro amici. Vedono nemici ovunque, tranne quelli veri. Ieri questi presunti salafiti hanno sequestrato Vittorio per ottenere dal primo ministro di Hamas, Ismail Haniyeh, la scarcerazione dello sceicco al-Saidani, noto anche come Abu Walid al-Maqdisi, leader di Al-Tawhid Wal-Jihad, una formazione qaedista. Al-Maqdisi è stato arrestato poco più di un mese fa dai servizi di sicurezza di Hamas che da due anni sono impegnati contro le cellule salafite che agiscono soprattutto nella zona di Rafah (dove meno di due anni fa hanno persino proclamato un emirato islamico. Hamas reagì facendo una strage). Vittorio Arrigoni non merita di essere usato come merce di scambio, lui che ha sempre creduto nella dignità di ogni persona, ovunque nel mondo, a cominciare dai palestinesi. Ai suoi rapitori possiamo solo rivolgere la sua perenne esortazione: «Restiamo umani».

Michele Giorgio
su Il Manifesto del 15 aprile 2011

Con Vittorio e la Palestina nel cuore


Veglia
per ricordare
Vittorio Arrigoni
oggi 15 aprile alle ore 18
in piazza Castello a Vicenza


"Restiamo umani".
Così Vittorio Arrigoni, giornalista e cooperante 36enne, ucciso nella notte a Gaza, chiudeva i suoi reportage dalle terre di Palestina.


05 aprile 2011

L'Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza
propone la
mostra fotografica di Fabio Proverbio


«Abana – Padre Nostro
Sguardi sui cristiani del Medio Oriente»


a Vicenza dal 9 al 17 aprile
nell'atrio del Palazzo delle opere sociali - Piazza Duomo 2
dal lunedì alla domenica 9.00-12.30; 15.30-19.30

La mostra fotografica, che conta su un reportage di forte impatto, composta da 24 pannelli di grandi dimensioni e due totem, è stata allestita a Roma in occasione del Sinodo dei Vescovi del Medio Oriente (ottobre 2010). Dopo la sua esposizione a Pavia, Bologna, Milano, Padova e Bergamo, ora approda a Vicenza.

L'inaugurazione della mostra si terrà il 9 aprile, alle ore 16, alla presenza di don Aktham Hijiazin, già parroco di Ramallah. Sarà presente anche Maria Letizia Celotti, agli inizi degli anni Ottanta promotrice dell'operazione Salaam ragazzi dell'Olivo, per la realizzazione di adozioni a distanza in Palestina.

Fabio Proverbio nasce a Castellanza nel 1963. Dopo la laurea in Scienze Agrarie ed il dottorato di ricerca in Economia e Politica, lavora come volontario in Africa per progetti di sviluppo e successivamente a Bruxelles nel settore delle Relazioni Istituzionali. L’interesse per le tematiche sociali, la passione per i viaggi e l’amore per la fotografia lo spingono nel 2006 ad intraprendere la nuova strada professionale del foto-giornalismo.

Ha realizzato progetti fotografici in Messico, Cuba, India, Iran, Emirati Arabi, Albania, Kosovo ed in molti paesi dell’UE. Ai viaggi si alternano reportage nei territori più famigliari della bergamasca, dove oggi vive. Le sue immagini sono state pubblicate da quotidiani e riviste nazionali ed internazionali (Avvenire, Le Soir, DeMorgen, D-Repubblica, Panorama, La GéoGraphie). Molti progetti sono stati oggetto di eventi espositivi. Alcune fotografie fanno parte degli archivi del "Museé de la Photographie de Charleroi" (Belgio), del "Museé Reattu di Arles" (Francia) e della "Bibliothèque National de France".

Per informazioni e prenotazioni: Ufficio Pellegrinaggi della Diocesi di Vicenza Contrà Vescovado, 3 Tel. 0444-327146 E-mail: dioces73@pellegrinaggi.191.it (si può richiedere il file con la locandina stampabile) Sito: www.pellegrininellaterradelsanto.it

03 aprile 2011

Promemoria film di giovedì 7: La sposa siriana

Cari amici, vi ricordiamo che
giovedì 7 aprile 2011 alle ore 20.45
presso il Centro Culturale San Paolo

Viale Ferrarin 30 (possibilità di parcheggio) - 36100 VICENZA

per iniziativa dell'Associazione Salaam ragazzi dell'olivo - Vicenza, in collaborazione con il Centro culturale San Paolo - Onlus e con Pax Christi - Vicenza
nell'ambito del ciclo
CON LA PALESTINA NEGLI OCCHI

verrà proiettato il film

La sposa siriana

di Eran Riklis


Francia, Germania, Israele 2004, regia di Eran Riklis, drammatico, 97 min., cast Hiam Abbass, Makram J. Khoury, Clara Khoury, Ashraf Barhoum, Eyad Sheety, sceneggiatura Suha Arraf, Eran Riklis, musiche Philippe Eidel, fotografia Renato Berta, produzione: Bettina Brokemper, Antoine de Clermont-Tonnerre, Michael Eckelt, Eran Riklis; distribuzione: Mikado. Premi 2004 Montréal World Film Festival, "Grand Prix" (Miglior film), 2004 Flanders International Film Festival, "Miglior sceneggiatura", 2004 Festival internazionale del film di Locarno, "Premio del pubblico", 2005 Bangkok International Film Festival, "Golden Kinnaree Award" (Miglior film), 2005 European Film Awards nomination, "Miglior attrice" - Hiam Abbass

IL REGISTA: Nato a Gerusalemme, cresciuto tra gli Stati Uniti, il Canada e il Brasile, Eran Riklis si è diplomato alla National Film School di Beaconsfield, in Inghilterra, nel 1982. I suoi film, acclamati da pubblico e critica di tutto il mondo, lo hanno reso uno dei più conosciuti registi israeliani contemporanei. Tra i suoi titoli ricordiamo On a clear day you can see Damascus (1984, suo film d'esordio), Cup Final (1992, presentato a Venezia e Berlino), Zohar (1993, il più grande successo del cinema israeliano degli anni novanta), Vulcan Junction (2000), Temptation (2002) e La sposa siriana (2004), distribuito in tutto il mondo e vincitore di 18 riconoscimenti internazionali.

Oltre ai film per il grande schermo, Riklis ha diretto e prodotto documentari e serie televisive molto noti in patria, tra cui vanno menzionati The Truck, Cause of Death: Murder, Lucky, The Poetics of Masses , Borders. All'attività di regista, inoltre, ha affiancato negli ultimi anni anche quella di produttore per il cinema, con film come Until Tomorrow Comes (2004), Three Mothers (2006), Burning Muki (2008).

Con Il giardino di limoni partecipa al Festival di Berlino del 2008 e vince il Premio del Pubblico. L'ultimo suo film è Il responsabile delle risorse umane (2010).

LA TRAMA E LA CRITICA: Le alture del Golan sono state occupate da Israele a partire dal 1967 e da allora sono territori oggetto di contestazione da parte della Siria. In molti villaggi vive una popolazione a maggioranza drusa. Durante tre anni di viaggi, il regista Eran Riklis e la sceneggiatrice israelo-palestinese Suha Arra hanno raccolto testimonianze sulla zona di confine tra Israele e Siria proprio a ridosso delle alture del Golan. Il risultato di questo lavoro di ricerca, in cui gli autori sono venuti a conoscenza di storie drammatiche e bizzarre, è un film politico, arguto e velato a tratti da un'amara ironia. E’ la storia di Mona, che va in sposa ad un attore televisivo siriano, pur sapendo che una volta oltrepassato il confine siriano non potrà mai più fare ritorno alla propria famiglia.

In realtà il matrimonio è il presupposto di partenza, ma non è l'argomento principale del film. Nulla ci viene detto su come Mona e Tallel si siano conosciuti o perché si sposino o si amino, anche perché non si vedranno fisicamente che al momento delle nozze. Quello che davvero conta è la forza dinamica del matrimonio: esso di per sé è in grado di far venire alla luce le contraddizioni politiche, culturali e sociali all'interno di una piccola famiglia drusa del Golan. Così abbiamo un padre che non può partecipare al matrimonio perché gli è precluso l'accesso alle zone di confine militarizzate, un figlio non accettato dal padre perché ha sposato una donna russa, particolare contrario ai dettami delle gerarchie ecclesiastiche, ed un universo femminile in lenta ma inesorabile rivolta contro i valori di una società maschilista. In questo ultimo tema si nota il tocco di Suha Arra, molto nota per le sue idee moderne e progressiste. Le donne del film hanno legami molto stretti, che sfuggono a differenze generazionali, sociali o religiose, mostrando come sia impossibile che il loro silenzio sotterraneo duri ancora a lungo. Si parlano molte lingue nel film, proprio a rappresentare il quadro culturalmente eterogeno in cui si svolge la narrazione: ebraico, arabo, russo, francese ed inglese. Ma spesso è proprio questa differenza a impedire la comunicazione, anche all'interno della stessa famiglia.

Un film che vale la pena vedere per molte ragioni. Perché dà l'idea della situazione dei drusi del Golan, popolazione di cui non si parla molto, ma anche perché è un film poetico, fatto di piccoli gesti, di sguardi e di movimenti appena percettibili, messi tuttavia in evidenza da una regia sicura e discreta. Ma si può anche notare una certa ironia, soprattutto nel constatare come certe zone della terra, benché contese politicamente, nella normale amministrazione siano spesso dimenticate da una burocrazia ottusa ed implacabile. (Mauro Corso)


Per la proiezione verrà chiesto un contributo di 2 euro.

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per informazioni:

Miriam Gagliardi - miriam.gag@alice.it

Ivetta Cappellari - pippic2004@libero.it

Centro Culturale San Paolo – Onlus: Tel. 0444.937499 - centroculturale.vicenza@stpauls.it