08 ottobre 2007

La bandiera palestinese alla Perugia-Assisi (foto)








“Mentre camminavamo abbiamo intonato slogan e canzoni urlando al cielo e come per magia tutt’intorno si accodavano alla nostra voce i “vicini di marcia” bimbi, adulti e nonni, tutte le età, gruppi compatti e non , tutta gente mai vista, ma stranamente ai nostri occhi più familiare che mai; così i 24 chilometri sono volati e la soddisfazione di guardare dietro e vedere tantissime persone in cammino è stata davvero impareggiabile. Impressi nella nostra mente tutti quei volti sorridenti, i colori delle bandiere della pace che sembravano più vividi che mai, quella voglia quasi palpabile che aleggiava per tutta la marcia e non ci abbandona ancora ora, di voler far sentire la nostra voce, di aver fatto tanto pur semplicemente camminando, ma soprattutto dominava la sensazione di non essere soli in questa “battaglia”, non più per lo meno, non dopo questa marcia…Firmato: Roberta Varano Bitonto (BA)”. (dal sito www.perlapace.it/index.php?id_article=464)

Ad esprimere il bisogno di pace anche un’enorme bandiera palestinese.

Un gruppo di Vicenza ha portato per tutta la marcia uno striscione, formato dall’unione di sei bandiere di Paesi coinvolti nel Medioriente.


03 ottobre 2007

Proiezione del film "Private" al Patronato Leone XIII


Cisl e Cisl Scuola Vicenza

in collaborazione con

Salaam ragazzi dell’olivo di Vicenza

nell’ambito della Settimana della Pace proposta dalla TAVOLA DELLA PACE

sono lieti di presentare


PRIVATE

Regìa: Saverio Costanzo.

Sogg. e Scenegg.: Saverio Costanzo, Camilla Costanzo,

Alessio Cremonini, Sayed Qashua.

Fotogr.: Luigi Martinucci.

Musica: Alter Ego. Mont.: Francesca Calvelli.

Scenogr. e Cost.: Ludovica Amati, Einat Fadida.

Interpr.: Mohammad Bakri (Mohammad B.), Lior Miller (comandante

Ofer), Areen Omari (Samiah B.), Tomer Russo (soldato Eial), Hend

Ayoub (Mariam B.), Karem Emad Hassan Aly (Karem B.), Marco

Alsaying (Jamal), Sarah Hamzeh (Sarah B.), Amir Hasayen (Amir B.).

Prod.: OffSide/Istituto Luce/Cydonia. Distr.: Istituto Luce.

Orig.: Italia, 2004. Durata: 90 min.

Private narra la convivenza forzata tra militari israeliani e una famiglia palestinese. Il film racconta non il lato pubblico, politico della vicenda, ma il suo esatto contrario, il versante quotidiano privato, intimo. Protagonista della storia è la famiglia B., la cui casa si trova a metà strada fra gli insediamenti israeliani e un villaggio arabo. I B. sono piuttosto agiati e colti. Dopo uno scontro a fuoco, l’esercito israeliano occupa, per ragioni di sicurezza, il secondo piano dell’abitazione e chiede alla famiglia di lasciare la casa. Mohammad si rifiuta, la casa è il confine della sua dignità, perderla significa consegnare per sempre sé e la sua famiglia all’odio per gli israeliani...

Saverio Costanzo è nato a Roma il 28 settembre 1975. Studia Sociologia delle Comunicazioni e dopo la laurea si trasferisce a New York dove realizza un documentario a puntate sulla vita quotidiana del Caffè Milleluci di Brooklyn. Incontra Gianluca Nicoletti che compra e produce Caffè Milleluci per Rainet, che diventerà il primo esempio italiano di docu-soap via Internet. Rimane a New York per due anni realizzando dei documentari. Nel 2000 scrive, filma, dirige e monta 6 puntate di una nuova docu-fiction ambientata all’interno della sala rossa (Rianimazione d’urgenza) del Policlinico “Umberto I” di Roma, premiato al Torino Film Fest. Private è il suo primo lungometraggio, Pardo d’oro all’ultimo festival di Locarno.

“Alla base di Private c’è una storia vera. Mentre ero in Palestina una giornalista mi ha parlato di un arabo, di cui non posso svelare l’identità, che vive ancora oggi coi soldati israeliani sul tetto. È il preside di una scuola, che ama Shakespeare, prega cinque volte al giorno e osserva il Ramadam. Vive a cinque metri dal muro della base militare israeliana: apre la porta della cucina e se la trova di fronte. Questa convivenza forzata dura dal 1992: nessuno lascia l’abitazione, intorno non c’è niente, perché di solito gli israeliani distruggono le case circostanti per avere la visuale sgombra da ostacoli. E non si tratta di un caso isolato: sono parecchi i soldati che, nei territori occupati, vivono in case di palestinesi. (...)

Il direttore della Cinémathèque di Tel Aviv, quando ha visto Private, mi ha detto che fino a oggi non è mai stato fatto niente di simile. Soprattutto un film con la partecipazione di entrambe le parti, in cui la parola occupazione è pronunciata dagli stessi soldati. Alla proiezione è stato emozionante: questi ragazzi israeliani sono stati tutti nelle Special Unit, sanno che quello che si vede nel film corrisponde a realtà. All’inizio li sentivo ansimare, poi la seconda parte di Private in un certo senso li redime”.

Saverio Costanzo, dal Press Book di presentazione del film

(...) Il tema lascia sorpresi per la sua originalità: la casa di una famiglia palestinese, a metà strada tra un insediamento israeliano e un villaggio arabo, viene occupata per ragioni di sicurezza da un commando israeliano, dando inizio a una convivenza tormentata e rischiosa. Ma quello che colpisce maggiormente è il coraggio delle scelte stilistiche: sfidando qualsiasi dacile convenzione, Costanzo sfrutta la mobilità di una camera digitale per girare con luce naturale dei lunghi piano-sequenza. In questo modo riesce a restituire allo spettatore, da una parte, il senso di claustrofobia che si respira in una casa dove al piano di sopra si è installato il “nemico” e, dall’altra, permette agli attori (israeliani e palestinesi, in un rarissimo caso di coabitazione artistica) di rendere al meglio le tensioni che si scatenano tra gli uni e gli altri e all’interno dei due gruppi. In questo modo il film evita sia i facili schematismi tra “buoni” e “cattivi” sia la tentazione “ideologica” di chi vuole spiegare quello che sta succedendo per privilegiare la concreta realtà quotidiana, fatta di odi e compromessi, di soprusi e di conciliazioni, di sogni e di paure. Con un’intensità che lascia il segno.

Paolo Mereghetti, “Io Donna”, 15 gennaio 2005

Vincitore del Pardo d’oro all’ultima edizione del festival di Locarno, il primo lungometraggio di Saverio Costanzo è, quel che si dice, un film importante. Scritto in modo asciutto, girato tutto in una casa, Private (in inglese ‘privato’ ma anche ‘soldato semplice’) è importante non solo perché tira in ballo un tema come il conflitto israeliano-palestinese, ma anche perché lo fa attraverso una storia privata, anzi, attraverso il racconto della privacy violata e sconvolta di una famiglia palestinese che vive in una casa tra i territori palestinesi e gli insediamenti israeliani. (...)

Lo scopo di Saverio Costanzo è prima di tutto quello di documentare, con un film di finzione che sembra un documentario per il tipo di immagine sgranata, di montaggio, di narrazione scarna, per l’uso inquieto della macchina a mano che segue i protagonisti nei corridoi, su per le scale, attraverso le finestre, fin dentro l’armadio dove si nasconde la giovane Mariam, a spiare quei soldati, a rubarne i discorsi, i pensieri, per scoprire che anche loro sono vittime di qualcosa di più grande e potente di loro, che quel conflitto c’è per volontà dei governi, di leader irresponsabili, non della gente comune. Questa è la posizione del regista che emerge con forza dal film: poco spazio viene concesso alla politica “ufficiale”, tutto si induce dai particolari, dai comportamenti delle persone, dalle loro vite, dallo scontro fra il padre, cauto e intransigente nel suo pacifismo, e la figlia, insofferente e ribelle, che per questo lo giudica un debole, senza arrivare a capirlo se non alla fine.

Al di là dell’esempio di cinema-verità a cui Private può essere accostato, Costanzo riesce bene quando si sofferma sui personaggi che ha davanti, le loro reazioni, i loro percorsi personali in quella che diventa una gabbia in cui sono chiusi, con i “nemici” chiusi dentro anche loro, con cui doversi confrontare. Meno riusciti i poco chiari riferimenti al conflitto in atto e alla politica pronunciati dai personaggi (tranne nel caso di Mohammad), che rischiano di avere subito il sapore stonato della retorica. Il film è stato insospettabilmente girato a Riace, in Calabria, e interpretato da attori israeliani e palestinesi, decisamente bravi, in particolare lo straordinario Mohammad Bakri, giustamente premiato come miglior attore a Locarno, dove il film ha riscosso un grande successo di pubblico. Anche a dimostrare che può essere salutare, per il cinema italiano, riuscire a guardare un po’ più in là.

Chiara Barbo, “VivilCinema”, novembre-dicembre 2004, pag. 38